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Home Penna Pellicola Palco

Vite straordinarie/ Baudelaire raccontato dall’amico Charles

di Francesco Marotta
12 Novembre 2016
in Penna Pellicola Palco
0
Vite straordinarie/ Baudelaire raccontato dall’amico Charles
       

asselineau

 

 

 

Sin dalla notte dei tempi e nelle ere che l’hanno preceduta, l’uomo si è sempre chiesto quale fossero il valore autentico e le virtù dell’amicizia, analizzando gli aspetti sociali ed umani di un legame fondamentale, sempre più controverso. Ed è, sperimentando il sovrappiù, l’ampio spessore dell’incrostazione d’uso e le interpretazioni di Philía e Amicizia antecedenti perfino al V secolo a.C. , che scopriamo l’amicizia confusa con la dimensione e la temperanza dell’amicalità cui siamo abituati ha tutt’altra dimensione ed elementi distintivi.

Bietti Edizioni, sfodera l’arma inastata dell’editoria d’arte fatta appuntino che da “La vita plurale di Fernando Pessoa” di Angel Crespo in poi, appassiona molti lettori (Collana l’Archeometro, anno 2014). Già dal mese di settembre è nelle librerie di fiducia, “Charles Baudelaire. La vita, l’opera, il genio, di Charles Asselineau” a cura di Massimo Carloni. La vita fluttuante ed instabile di un anticonformista Bohémien, il marchio della perfetta amicizia di cui era capace Asselineau per l’amico Charles Pierre, riconduce il lettore alle intuizioni del linguista Émile Benveniste.

Le differenze che separano i due amici, tracciano una linea invalicabile tra l’Asselineau narratore, impersonificato dall’ordinarietà di una scrittura narrativa che si infiamma solo grazie al talento e alla sferzate sotto forma di aneddoti, gioie e dolori del Baudelaire protagonista, descritto con dovizia di particolari. L’ordine cronologico degli eventi narrati è il racconto della vita di un uomo fuori dall’ordinario: Baudelaire, aveva in comune con il suo biografo solamente i debiti ed il lascito di una malinconia esistenziale che influenzerà la vita di Asselineau e quella di parecchie generazioni dopo.

L’amico Charles, riconosce e detta il trascorrere dei tempi del genio baudelairiano, intinto delle ‘Arti Plastiche’ dalla breve ma intensa esistenza, del silenzio espressivo dell’ultimo periodo della vita, dell’altro Charles; rispetto al quale e pur avendo condiviso molto insieme, evitò di trascinare il lettore nella vita di Baudelaire, nella durezza e nell’insieme delle condizioni sfavorevoli di una natura eccezionale, guardandosi bene dal raccontarci la fascinazione del sé medesimo.

Dunque, Charles non è Charles Pierre e neppure suo fratello tra la cultura avanguardista e il fallimento: spesso, la facoltà e l’atto del sentire l’amicizia solo come un alto sentimento dai valori incontestabili, dalla concordia che appartiene ad un famiglia delle idee dai valori altamente positivi, risulta essere di una comodità imbarazzante. Leggendo Asselineau, è facile capire l’importanza e il senso di amicizia legato alle consuetudini comuni di Baudelaire ma anche, l’esatto opposto.

Senz’altro lo era per Charles Asselineau che, ad ogni modo, riuscì comunque a scorgere molti anni prima, una puntualizzazione del significato primario e la corretta definizione originaria e geo-linguistica di amicizia, avvertendola di frequente nel vissuto quotidiano. Passando senza accorgersene, da un legame autentico, alla rarità di quella che è ormai un’astrazione; dalla Philia dell’ “Etica Nicomachea” di Aristotele ai suoi primordi. Un po’ come il sopraggiungere del risultato degli studi antropologici del lessico culturale indoeuropeo e di una teoria della semiotica contemporanea del linguista francese Émile Benveniste.

Considerando che in parecchie circostanze, il povero Asselineau sperimentò due degli aspetti scoraggianti dell’avere come amico Baudelaire: una propensione all’utilitarismo della relazione amicale che riconosce come fine dell’azione umana un vantaggio e un temperamento contrastante. Approfonditi anche se in diversi contesti storici e letterari, culturali e sociali, nel “Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee, vol. 1” (Einaudi, Torino, 1981, Cap. IV, «phílos», pp. 257-271) da Benveniste e dalle sue osservazioni che tutt’oggi, sono un campo di indagine che è cominciato ma non si è concluso.

Un dibattito che non si è esaurito, neppure dopo lo scorrere copioso, della fresca genuinità di un invito alla ricerca e all’analisi sul significato della parola. Il pamphlet di Massimo Carloni e la penna di Asselineau, suscitano il desiderio di intraprendere questo percorso che va oltre le credenze contemporanee, il legame sociale e il sentimento di affetto e la “fraternità” che unisce più persone.

Prendendo in prestito uno stralcio del libro di Benveniste che merita un’attenta disamina, possiamo comprendere a pieno, l’intento del curatore della collana di Bietti Edizioni e dell’autore, decisi a mettere con le spalle al muro le qualità deteriori e la grossolanità di molte biografie dettagliate: «Bisognerà partire dagli usi e dai contesti che rivelano in questo termine una rete complessa di associazioni, sia con le istituzioni di ospitalità che con gli usi nell’ambito del focolare domestico, sia ancora con i comportamenti affettivi, per capire fino in fondo le trasposizioni metaforiche a cui l’attribuzione poteva prestarsi. Tutta questa ricchezza concettuale è stata sepolta e sfugge al nostro sguardo se riduciamo phílos a una vaga nozione di amicizia o a una falsa nozione di aggettivo possessivo… [5]».

Ecco allora, una lettura stimolante sul rapporto di amicizia del letterato, critico d’arte, novelliere e bibliofilo Charles Asselineau con niente poco di meno che, Charles Pierre Baudelaire. Già, proprio lui. L’anticipatore del decadentismo, una delle maggiori figure del simbolismo e del Parnassianesimo francese (Movimento poetico-letterario, “Le Parnasse contemporain”, vedasi i tre volumi pubblicati dall’editore Alphonse Lemerre nel 1866, 1871 e 1876.), stando attenti però, a non farci troppo affascinare da cosa c’è dietro alla ricerca minuziosa dell’impersonalitànarrativa, poetica e della massima compiutezza stilistica di Baudelaire.

Scoprendo così che l’innegabile metodologia di un lessico e di una scrittura tecnico-scientifica che giungerà al suo apogeo nella raccolta lirica Les Fleurs du mal, deve essere evidenziata ma che in “Charles Baudelaire. La vita, l’opera, il genio, di Charles Asselineau”, non può certo esserne il fulcro. Lo impone la correttezza di giudizio e lo confermano l’alba ed il crepuscolo di Baudelaire, sconfessando l’obiettivo percepito da un pubblico sempre più esigente: innalzando anche dopo la vita e ai massimi livelli, uno sperimentalismo apprezzabile. Dandoci così la possibilità, grazie all’amico di sempre Charles Asselineau e a Massimo Carloni, di conoscere e recuperare l’inespresso patrimonio ed un legame che a detta di Benveniste e noi con lui, è parecchio particolareggiato.

 

Charles Asselineau

 

Charles Baudelaire. La vita, l’opera, il genio

 

Traduzione e cura di Massimo Carloni

 

Bietti edizioni, Collana l’Archeometro, Milano 2016

 

Ppgg. 180, euro 15.00

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tags: Bietti editoreCharles BaudelaireFranciapoesia
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