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Vogliono abolire il voto segreto. Meglio un parlamento di pecore

di Vincenzo Pacifici
4 Febbraio 2016
in Il punto
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Vogliono abolire il voto segreto. Meglio un parlamento di pecore

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E poi non si dica che abbia torto nel momento in cui sostengo che il foglio della famiglia Berlusconi, ufficialmente autoproclamatosi l’organo di stampa dell’opposizione per eccellenza e per antonomasia, sia in realtà in alcuni articoli salienti legato al governo ed al suo “presidente”. E’ infatti impensabile, innaturale, illogico in una situazione, come l’attuale, che necessita di una contrapposizione radicale, capillare e seria al sistema autocratico in costruzione grazie a potenti e prepotenti appoggi nazionali ed internazionali, che ci si schieri non una nota di cronaca ma con un intervento politico – giuridico contro il voto segreto ed a sostegno di quello palese.

Sono questi infatti senso e ragione del pezzo in III pagina, intitolato “Scrutinio segreto, antico rito da mettere in soffitta”. Viene citata in apertura una frase di condanna di Aldo Moro, che riteneva che esso “tende a sottrarre i deputati alla necessaria assunzione di responsabilità di fronte al corpo elettorale per quanto sostenuto e deciso nell’esercizio del loro mandato”. Nulla vieta, seguendo l’analisi dell’uomo politico (non di Stato) pugliese, che lo ipotizzava provato nel suo futuro più volte ai suoi danni, che lo stesso ragionamento sia esteso agli elettori nel riparo comodo della cabina, soliti sottrarsi “alla necessaria assunzione di responsabilità” con un consenso prima conferito ed in caso di una negativa esperienza rifiutato e negato.

Chi non ricorda infatti quanto ridotto sia stato, per timore di impopolarità, il livello di consenso pubblicamente riconosciuto alla DC.

Queste osservazioni e questa riprovazione nascono – e in questo passaggio l’articolista si scopre – perché “nelle prossime settimane si troverà ancora una volta alle prese con lo scrutinio segreto, prigioniero di un rituale, che negli anni [da quando? Forse da Berlusconi e dal toscano?] ha forse perso la sua ragion d’essere originaria trasformandosi invece in uno strumento che favorisce sotterfugi e mercanteggiamenti. Il dibattito in corso su unioni civili e stepchild adoption ne è la conferma”.

La possibilità – ricorda lo stesso Signore, questo è il nome del giornalista – era contemplata nello Statuto albertino a garanzia dell’”indipendenza dei parlamentari di fronte al Re o comunque al governo. Allo stesso notista distrattamente sfugge il rilievo trasparente ed eloquente dell’aggancio fatto con la Camera dei fasci e delle corporazioni del 1939, in cui fu abolito.

Ed ecco che diviene evidente il fine perseguito di offrire una sponda per il consolidamento del regime “renziano”, già avviato (v. la defenestrazione del giornalista Giannini e il capillare impossessamento della televisione di Stato) , riconoscendo alla “politica”, quella di oggi, autoreferenziale ed egolatra, magari sognando l’assai improbabile restaurazione, “la responsabilità di dire ai propri elettori [sarà forse eletti?] come e cosa si vota invece di farsi scudo dello scrutinio segreto” .

Ma ancora esistono nella Carta costituzionale l’art.67 “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato” ed il I capoverso del successivo “I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni” ??.

Tags: Costituzione
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