Nessuna retorica sulla gioventù albergherà mai nei miei pensieri: non le concederò ospitalità, vitto e alloggio. Il voto ai sedicenni è uno specchietto per le allodole, un tentativo di strumentalizzazione politica, lontanissimo dalle reali esigenze dei soggetti in causa. Le scuole restano chiuse, ma si spalancano i seggi elettorali. Le matite vengono impugnate per tracciare destini decisi da altri. Senza cultura, esperienza e crescita morale, non esiste soggetto votante, sopravvive, invece, soltanto la materialità bruta di un gesto privo di raziocinio e responsabilità.
L’uomo vota con cognizione, l’individuo, ignaro, crocetta e basta: ennesima rimodulazione storica della banalità del male. La saggezza è conquista faticosa, la cima della montagna deve essere guadagnata a piccoli passi, bisogna acclimatarsi alle varie tappe dell’esistenza. Certi automatismi possiedono una natura artefatta, priva di genuinità, fintamente benevola. L’indifferentismo globalista dei capricci umani: ecco il nuovo veleno generosamente offerto alle nuove generazioni. Una salvezza che tanto profuma di eterna dannazione.
Il giovane si trova conteso e ristretto tra due narrazioni opposte e identiche, facce della medesima medaglia: riserva o scarto, dilemma antichissimo. Il giovane custode di sogni, di speranze, di desideri nobilissimi che viene, improvvisamente, pervertito dalla forza corruttrice del vivere in società. L’uomo nasce buono: il mito rousseauiano del buon selvaggio non passa mai di moda. La gioventù, altrimenti, intesa come un momento di profonda immaturità, gravata da impulsi irrazionali, da egocentrismi e deliri di onnipotenza: il giovane è il bamboccione, l’inetto di Svevo, l’incompiuto che deve presto morire a se stesso per abbracciare l’età adulta.
Sono due rappresentazioni dell’età giovanile piuttosto limitate e limitanti, incapaci di uno sguardo obiettivo e veritiero. Il giovane, in quanto tale, non è espressione di una qualità antropologica superiore, ma di una speranza, di una prospettiva, di un progetto a servizio della comunità tutta. Deve essere aiutato a esprimere al meglio le proprie potenzialità, a crescere come persona, a divenire un cittadino libero, onesto, capace di senso critico. L’educazione, la formazione, la fatica, ma anche il gusto per il successo, per la buona riuscita dei propri progetti: tutto ciò non può prescindere da un lungo periodo di apprendistato, di irrobustimento riguardante tanto la mente quanto il pensiero.
Non servirti dei giovani, non anticipare risposte a domande che ancora non si sono posti, non piegarli a interessi di parte, ma prenditi cura di loro, ascoltali e amali per quello che sono e che tu sei stato: “Se vuoi che i giovani facciano quello che tu ami, ama quello che piace ai giovani”. (San Giovanni Bosco)