Ha fatto rientro in Italia, atterrando all’aeroporto di Ciampino, il carabiniere Alessandro Spadotto, sequestrato il 29 luglio nella capitale dello Yemen, Sana’a. Appena sceso dalla scaletta, Spadotto – maglietta blu, pantaloni beige, scarpe sportive, uno zaino in spalla e un altro in mano – è stato accolto dal capo dell’Unità di Crisi della Farnesina, Claudio Taffuri, e dal comandante di divisione del comando Affari Esteri, generale dei Carabinieri Antonio Ricciardi. I colleghi del Ros lo hanno poi accompagnato in procura dove lo attendevano i magistrati che ora dovranno ascoltarlo per far luce sui dettagli del suo rapimento. Al termine dell’interrogatorio, l’addetto dell’ambasciata ha raggiungerà i suoi familiari a Pordenone, in Friuli.
Spadotto era stato consegnato al governatore della regione di Marib, poi trasferito a Sana’a e quindi consegnato all’ambasciatore italiano. Secondo le prime indiscrezioni, si sarebbe arrivati alla liberazione grazie alla mediazione di alcuni capi tribali. Intanto Ali Nasser Huraikdan, capo della tribù al-Jalal, autore del sequestro, ha confermato al quotidiano locale “Akhbar Alxaum! di non appartenere ad alcun gruppo e ha insistito nel ricordare che il sequestro è stato una misura di pressione sul governo yemenita perchè esaudisse le sue richieste, e non sul governo italiano. Huraikdan chiedeva infatti che il suo nome venisse rimosso dalla lista delle persone ricercate in Yemen e dal novero di quelle che non possono recarsi all’estero.
«Grandissima soddisfazione per la rapida soluzione del caso» è stata espressa dal ministro degli Esteri, Giulio Terzi, «resa possibile grazie alla straordinaria collaborazione fornita dalle autorità di Sana’a. Un successo che è ancora una volta – aggiunge Terzi – il risultato del lavoro tenace e della grande professionalità dei funzionari dell’Unità di Crisi e di tutte le strutture dello Stato coinvolte».