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Ideario renzianiano. Stato leggero o inconsistente?

di Mario Bozzi Sentieri
1 Ottobre 2014
in Home
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Ideario renzianiano. Stato leggero o inconsistente?

 

 

Qual è  – se c’è —  l’idea di Stato di Matteo Renzi e della sua baby squadra ? Molto gracile a quel che ci è dato sapere. Il  Senato “leggero”, le aree metropolitane con gli amministratori eletti  da un voto di secondo livello, il CNEL da “rottamare” non offrono – in premessa – un’ immagine rassicurante.

Segno  evidentemente dei tempi,  della caratura dei personaggi e della  mancanza di visione strategica.

Mentre infatti, pur con tutte le sue contraddizioni,   l’attuale Costituzione è il frutto di un lungo lavorio  e della partecipazione di personaggi della levatura di  Einaudi, De Gasperi, Togliatti, La Pira, Dossetti, Calamandrei,  oggi il massimo che ci è concesso sono le dichiarazioni delle Ministro Boschi e Maida. Insomma una bella differenza, che non può non  pesare  sull’insieme della proposta riformatrice, com’è facile vedere nella sbandierata “modernizzazione” della Pa.

Prendiamo l’abolizione delle sezioni distaccate dei Tribunali Amministrativi Regionali, il ridimensionamento delle Camere di Commercio, la cosiddetta “razionalizzazione” delle prefetture. Tutto regolare, secondo la stringente  logica del risparmio ? Al contrario. Dietro la delega al Governo per la riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche, giustificata da esigenze di risparmio e “razionalizzazione”, emerge un attacco sistematico ad un serie di organismi pubblici, che hanno rappresentato e continuano a rappresentare un presidio necessario dello Stato sui territori ed un conseguente servizio verso i cittadini e le attività produttive. Il risultato è che questo tipo di operazioni  lungi da rappresentare un effettivo alleggerimento  per il bilancio pubblico ed una reale risposta alle domande di efficienza da parte  dei cittadini, rischiano  di  provocare delle lacerazioni gravissime sulla realtà socio-economica del Paese.

Per i Tribunali Amministrativi Regionali è prevedibile  un allungamento dei tempi dei processi, caos organizzativo, lontananza delle sedi unificate dal territorio. Un po’ come è avvenuto a causa della  soppressione, da parte del Governo Monti, di numerose sedi distaccate dei tribunali ordinari.  Arrivare ad abolire le Camere di Commercio, al di là degli ovvi contraccolpi occupazionali (i lavoratori interessati sono circa 2.500),  vuole dire privarsi di uno strumento indispensabile per assicurare la trasparenza del mercato e la conoscenza immediata di tutte le attività economiche sul territorio  e quindi  un presidio di legalità, in ambito produttivo,  finalizzato  a promuovere e sostenere le imprese nell’interesse delle economie locali.

Analogo discorso per le Prefetture, che rappresentano un  presidio dello Stato sui territori, proprio nel momento in cui più alta è la richiesta di legalità e sempre crescenti le incombenze date, in questi ultimi anni,  proprio ai prefetti, in occasione di diverse emergenze nazionali: leggi di depenalizzazione, immigrazione, antiracket, protezione civile, ambiente, anticorruzione, contrasto alle tossicodipendenze, antimafia, lotta alla criminalità organizzata, ecc.

Niente accade per caso. Renzi dimostra di essere il figlio dell’epoca del “meno Stato più mercato”, dello Stato leggero e quindi svuotato di funzioni, di organismi capaci di radicarne la presenza sul territorio, al punto che, in questa corsa al disarmo istituzionale, c’è chi arriva ad ipotizzare territori spogliati “finalmente” dalla presenza della macchina statale, dove potranno essere “accorpati” in super contenitori la Questura ed il Comando provinciale dei Carabinieri, la Motorizzazione civile ed il comando dei Vigili del fuoco, l’Agenzia delle Entrate e la Direzione provinciale del Tesoro, l’INPS ed il Provveditorato agli Studi. Con quali capacità di risposta e di specializzazione non è difficile immaginarlo. Ma questo, in fondo, conta poco per chi ha in testa di “ridurre all’osso” (il termine usato è “semplificare”) la funzione pubblica, lasciando così  libero il campo ai poteri “forti” o malavitosi che dai territori possono espandere la loro presenza tentacolare.

Uno Stato depotenziato può portare  anche a questo, se la riforma della Pubblica Amministrazione non è sostenuta dalla consapevolezza dei modelli su cui intervenire e dalla chiarezza degli obiettivi da raggiungere. I puri e semplici auspici sul “modello di Stato diverso da quello di oggi” – fatti da Renzi – provocano solo danni, se poi, quando si interviene, l’unico obiettivo sembra essere l’abbattimento dei costi. Con il risultato che a pagarne le conseguenze saranno sempre, alla fine,  i cittadini e le imprese.

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tags: CNELCostituzioneMatteo Renzipubblica amministrazioneStato
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