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Il terrorismo è globale e gli allarmi non bastano

di Gian Micalessin
19 Marzo 2019
in L'Editoriale
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Il terrorismo è globale e gli allarmi non bastano

Siamo tutti vulnerabili e nessun allarme basta a prevenire il nuovo terrorismo. Neppure quando le forze di sicurezza sono preventivamente in allerta.

L’avevamo già intuito durante i giorni bui in cui i lupi solitari dell’Isis colpivano indiscriminatamente le città europee. L’uccisione di tre passeggeri su un tram ad Utrecht, solo 72 ore dopo la terribile strage nelle moschee di Christchurch in Nuova Zelanda, ce lo ricorda con angosciante drammaticità. Non abbiamo ancora elementi per dire con certezza che la sparatoria nel mucchio di ieri sia una rappresaglia per l’orrore neozelandese, ma l’allarme era nell’aria. E non vi era forza di sicurezza o polizia che non fosse all’erta.

I segnali erano tanti e assai vistosi. Già venerdì mattina i siti legati ad Al Qaida e all’Isis su Telegram e altre piattaforme internet incitavano i propri simpatizzanti invitandoli a vendicare i fratelli uccisi ad uccidere i cosiddetti «infedeli». L’Olanda non poteva certo ritenersi estranea ad un simile allarme. L’uccisione di Theo Van Gogh, sgozzato su un marciapiede di Amsterdam dall’islamista Mohammed Bouyeri il 2 novembre 2004 era difficile da scordare. L’assassinio del regista colpevole di aver realizzato Submission – il cortometraggio in cui denunciava assieme alla somala Hirsa Ali la sottomissione della donna nell’Islam – è stato uno dei primi segnali della virulenza con cui la follia jihadista e salafita stava penetrando la società olandese. Negli anni successivi non è andata meglio. Stando ai servizi di sicurezza dal 2012 a oggi quasi 300 jihadisti hanno lasciato il Paese per combattere al fianco dell’Isis. E almeno 3mila musulmani seguirebbero con devozione i proclami dello Stato Islamico e di altri gruppi islamisti. Senza contare i due accoltellamenti in pubblico messi a segno nel 2018 da aspiranti lupi solitari. Difficile dunque immaginare che ieri i servizi di sicurezza olandesi fossero meno all’erta delle altre polizie del mondo. Eppure non è bastato.

Sfruttando la semplice imprevedibilità di tempo e luogo Gokman Tanis, un 37enne di origini turche già conosciuto alle forze dell’ordine, è riuscito a sparare, uccidere e sottrarsi alle prime ricerche. Dietro il suo gesto vi possono esser anche ragioni diverse dal terrorismo, ma si certo la mobilitazione delle forze dell’ordine non è bastata a fermarlo e a prevenire il suo gesto. E questo è il punto dolente. Il massacratore di Christchurch non è stato fermato neanche dopo aver mandato il suo manifesto di morte al premier neozelandese. L’assassino di Utrecht non viene bloccato neanche in presenza di un diffuso allarme. Tutto questo contribuisce nel diffondere una sensazione di precarietà regalando forza ed efficacia sia al terrorismo residuale di un Isis solo in parte sconfitto, sia a quello isolato e marginale dei cosiddetti suprematisti. Perché la peggior angoscia di qualsiasi cittadino è la consapevolezza di esser un bersaglio che nessuno può o sa difendere.

Tags: ISISNuova ZelandaOlandastrage di Christchurchterrorismo
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