Il 15 febbraio ricorreva il 70^ Anniversario del bombardamento angloamericano che distrusse pressoché totalmente la storica Abbazia di Montecassino (fondata nel 529 dal monaco nato a Norcia, sui resti di un antico tempio romano dedicato ad Apollo) che causò anche la morte di circa 300 civili, profughi dai paesi circostanti, ricoveratisi nell’Abbazia perché anziani, feriti o gravemente malati.
E’ ampiamente nota la vicenda militare relativa a questo bombardamento: gli angloamericani, peraltro privi d’informazioni precise perché tra la popolazione di quei luoghi (la Ciociaria) non vi fu mai presenza di “partigiani” o “resistenti” di vario genere, pensavano che la tenace resistenza delle truppe tedesche sulla falde di quel monte e di quelli circostanti (Cairo, ad esempio) fosse dovuta all’utilizzo dei locali dell’Abbazia costruita – come avveniva nel passato – come una fortezza (e tale appare ancor oggi, dopo la ricostruzione). In realtà non era così, ed anzi la resistenza tedesca si rafforzò dopo quell’evento perché le rovine del monastero, abbandonate dai pochi monaci e civili rimasti vivi, servirono egregiamente da rifugio e difesa ed i combattimenti durarono per altri tre mesi. Fu, quindi, un bombardamento, oltre che barbaro, del tutto inutile e controproducente sia dal punto di vista propagandistico che da quello bellico.
Nel Monastero erano conservate insigni opere d’arte, religiose, storiche, letterarie: tra l’altro, non bisogna dimenticare che la prima traccia dell’italiano volgare apparve proprio a Montecassino, in un atto notarile dell’anno 960 con la testimonianza di un contadino (“sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancte Benedicti”). Queste opere furono, com’è noto, salvate grazie al tempestivo e lungimirante intervento del generale Frido von Sengern und Etterlin, cattolico, membro laico dell’Ordine dei Benedettini, vice del maresciallo Kesserling, che le fece trasportare a Castel Sant’Angelo per salvarle dai possibili danni dei combattimenti.
Dopo la guerra, ci fu un grande sforzo collettivo della Chiesa, dei fedeli, del governo italiano ed anche di alcuni Paesi stranieri (tra cui la Germania, ad opera dell’allora Cancelliere Konrad Adenauer) per ricostruire il Monastero com’era prima della distruzione, utilizzando anche le rovine utilizzabili.
Ebbene, quest’anno ricorreva il 70^ anniversario di quell’evento: si trattava quindi di un’altra “giornata del ricordo”. Ci si poteva quindi immaginare che – così come avviene per alcune giornate commemorative – ci fosse una grande cerimonia pubblica, con la presenza di autorità politiche, militari e religiose; accompagnata da resoconti e commenti diffusi dai media, da inviti al pubblico ed ai fedeli, da manifesti ed inserzioni pubblicitarie.
Invece, nulla di tutto questo. Chi scrive si è recato appositamente all’Abbazia sia per partecipare all’evento sia perché emotivamente coinvolto in quanto all’epoca dei fatti, bambino, viveva a Pontecorvo, un paese della zona anch’esso distrutto da un terribile bombardamento che provocò 700 morti di civili senza creare danni agli obiettivi militari prestabiliti.
Tutto il peso, ed il merito, della rievocazione dell’evento è stato del Comune di Cassino che aveva costituito un apposito “comitato” ad hoc. Ma oltre al Sindaco Giuseppe Golini Petrarcone, all’Abate reggente (in attesa dell’elezione del titolare dimessosi per ragioni di salute), ad un “Visitatore Apostolico” ed alle rappresentanze di arma della locale Provincia, non vi era nessun’altra autorità né politica (Regione, Parlamento) né militare di alto grado, né religiosa (qualche Cardinale poteva venire…). Anche la banda, pur apprezzabile per il suo impegno, era quella della città di Cassino: avrebbe potuto partecipare anche qualche banda militare od operistica. Ovviamente, neanche a parlare della presenza di qualche rete televisiva nazionale…
Insomma, un “ricordo” in tono minore, al di là delle pur buone intenzioni dei proponenti. E questo è stato male, perché bisogna pur sempre tener presente che San Benedetto è stato nominato “Patrono d’Europa”, che a lui ed ai suoi monaci si deve la raccolta e la conservazione degli antichi testi latini e greci che altrimenti sarebbero scomparsi distrutti dalle invasioni barbariche, che la sua aurea regola monastica basata su “ora et labora et lege” è un modello di vita non solo per i monaci, che infine la distruzione dell’Abbazia è stata uno dei segni principali della distruzione della civiltà europea, come acutamente ha ricordato Marcello Veneziani sul “Giornale” dello stesso 15 febbraio con il suo commento intitolato “Quando l’Europa fu colpita al cuore”. Possibile che il servilismo nei confronti degli autori del bombardamento duri ancora oggi, tanto da “silenziare” mediaticamente un evento del genere (come, d’altra parte, è avvenuto per quello delle Foibe e dell’esodo giuliano-dalmata)? E poi ci si stupisce dell’arresto dei Marò, avvenuto peraltro ad opera di quegli stessi Indiani che proprio nella zona di Cassino combatterono insieme a coloro che bombardarono il Monastero e le città vicine!
Tutto si tiene!