Dante Alighieri apostrofò l’Italia come ” serva di dolore ostello – nave senza nocchiere in gran tempesta – non donna di provincia ma bordello”, (Purgatorio VI). E Francesco Guicciardini, nella sua Storia d’Italia, ci ha raccontato dei borghesi fiorentini che nel 1530, invece di suonare le campane all’arme, allargarono i cordoni della borsa per deviare le truppe di Carlo VIII verso il Sud, dove i rissosi baroni scoprirono, stupefatti e attoniti, che ” i franzesi combattono e uccidono per davvero”. E di Fabrizio Maramaldo, complice del sacco di Roma del 1527, che uccide Francesco Ferrucci, ferito e prigioniero, dopo la battaglia di Gavinana, 1530.
È purtroppo tradizione antica degli italiani mutar di fronte o volgergli le spalle secondo le convenienze e le asperità. Regola non smentita dalle rare eccezioni, ascrivibili a esigue minoranze, per lo più giovanili, accese da entusiasmi più letterari e ideologici che civili, dal Piave a Curtatone e Montanara, da Bir El Gobi ad El Alamein. Regola confermata l’8 settembre 1943, con il Re e i generali in fuga, i soldati allo sbando, i disertori e i renitenti alla macchia, dalla quale sortire saltuariamente per proditori agguati e banditeschi saccheggi, fino all’arrivo degli eserciti stranieri: questa, con il seguito di feroci vendette spesso private, è la storia della Resistenza, che invano si tenta di elevare da sagra a saga, perché non ha nulla di epico, ma molto di tradimento.
1 commento
Gabriele Baraldi says:
Apr 25, 2018
UN POPOLO CHE NON VUOLE SALVARSI MA CHE VUOLE SERVIRE CHE NON VUOLE VINCERE MA SI ACCONTENTA DI NON PERDERE CHE PREFERISCE SEMPRE LA VIA MENO IMPERVIA CHE E´ QUELLA DELLA MEDIOCRITA´.