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Home L'Editoriale

La Storia non si cancella. L’esempio di Genova

di Mario Bozzi Sentieri
22 Giugno 2020
in L'Editoriale
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In tempi – come gli attuali – di fervore iconoclasta, “rivendicare”, con orgoglio, un’immagine, un monumento, con tutto ciò che esso rappresenta, è un esempio da rimarcare e da imitare. Ben venga dunque l’azione simbolica, modernamente incarnata in un flash mob, compiuta recentemente, a Genova,  da alcuni militanti di Gioventù Nazionale davanti alla statua di Giuseppe Mazzini. La colonna marmorea  su cui è collocata  la figura intera di Mazzini, è uno dei punti cardinali che, nel cuore del capoluogo ligure, identificano un vero e propria crocevia “patriottico”, in cui, a breve distanza tra loro, convivono la grande  statua equestre di Vittorio Emanuele II, una lapide con l’effige marmorea di Guglielmo Oberdan, il monumento al padre dell’Inno nazionale, il genovese Goffredo Mameli (con la scritta  “Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta”), una stele raffigurante l’effige di Maria Drago, madre di Mazzini, un busto di Cesare Battisti e la statua a cavallo di Giuseppe Garibaldi.

Nel rivendicare la loro azione simbolica, i militanti di Gioventù Nazionale non solo hanno stigmatizzato il tentativo di “rilettura” della Storia da parte dei “sedicenti progressisti” ma hanno giustamente messo in rilievo i rischi che la deriva iconoclasta porta con sé, ricordando: “Così scriveva Mazzini nell’incipit dei ‘doveri dell’uomo’: ‘Io voglio parlarvi dei vostri doveri. Voglio parlarvi, come il core mi detta, delle cose più sante che noi conosciamo, di Dio, dell’Umanità, della Patria, della Famiglia’. Se assecondiamo questa deriva iconoclasta – stigmatizzano i giovani genovesi – non passerà molto prima che qualcuno decida che pure Mazzini, che ha partorito il motto ‘Dio, Patria e Famiglia’ che costituisce la bussola morale della nostra azione politica, sia un pericoloso oscurantista da cancellare. Perché ad essere oggetto dell’attacco frontale non sono pericolosi fascisti, schiavisti o criminali. Sono soprattutto i nostri più importanti riferimenti storici e culturali”.

L’allarme lanciato da Genova è tutt’altro che infondato.  A volere leggere – oggi – certi motti, alla luce dell’imperante “politicamente corretto”, il rischio è di impantanarsi nei concetti accusatori dell’intolleranza (religiosa), del fanatismo patriottico (l’idea di Nazione), dell’omofobia familista (il tradizionale richiamo al vincolo familiare), con il conseguente azzeramento dei principi fondanti la nostra identità nazionale e la messa in mora di chi storicamente a quei principi si era richiamato.

Ben venga dunque l’esempio dei “giovani nazionali” genovesi. E ben venga, orgogliosamente rivendicata, la figura di Mazzini, simbolo di un Risorgimento, oggi oscurato, che tanto potrebbe dire ad una Paese frastornato, senza saldi punti di riferimento e “sradicato” rispetto alla propria Storia. A cominciare da una visione etica che fu alla base di una nuova coscienza nazionale e sociale, che fece l’Italia, durante e dopo il Risorgimento.

Nel mazzinianesimo c’è, in nuce, Alfredo Oriani e la “rivolta ideale”, Filippo Corridoni e la stagione dell’interventismo nazional-sindacale, Sergio Panunzio e le teorizzazioni sull’organizzazione sociale quale nuovo istituto educatore degli uomini. E c’è il giusto equilibrio tra diritti e doveri.

Mazzini sollecita una risposta spiritualistica della vita contro l’utilitarismo d’impronta capitalista,

individuando nella “complessità sociale” la ricchezza della nazione e nell’appello ai “buoni di tutte le classi” il segno di una concezione eticamente interclassista e solidaristica.

Rispetto a chi vuole “semplificare” la Storia, i percorsi storici e culturali dei popoli, il richiamo alla “complessità sociale” e alla “ricchezza spirituale della nazione” è un invito che va ripreso e rilanciato, non dimenticando che dietro un monumento, come quello genovese dedicato a Giuseppe Mazzini, ci sono idealità e una cultura da ritrovare. Se il semplice marmo è fredda memoria, che qualcuno vorrebbe strappare dalla strada, per “riscaldare” certe statue sono necessarie la condivisione e la rilettura partecipe. Mai come oggi, il futuro ha un cuore antico.

Tags: GenovaGiuseppe Mazzinistoria
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