La newyorchese Laura Branigan è stata una star degli anni ’80: bella presenza e voce potente, la cantante morettona ha portato al successo adattamenti in lingua inglese di grandi successi europei: “Der Kommissar” dell’austriaco Falco, “Self Control” dell’italiano Raf (con tanto di videoclip diretto da William Friedkin) e “Gloria” di un altro divo anni ’80 tricolore: Umberto Tozzi.
Due i problemi della bella Laura: il doversi accodare a canzoni altrui, non avendo un repertorio proprio (come un’altra cantante corvina, la romana Paola Turci, ormai adagiatasi su questioni di gossip); e un aneurisma che se l’è portata via a soli 52 anni, una notte del 2004. La memoria dei cantanti sopravvive con i loro dischi: i gorgheggi con cui la Branigan ha impreziosito la hit del cantante torinese sono per esempio risuonati in un video col quale è stato “celebrato” il grottesco (e purtroppo cruento) assalto degli “hillbilly” trumpiani a Capitol Hill.
Pronta la dissociazione (ormai è una moda) di Tozzi: la sua canzone è stata associata a un contesto violento. Per carità, si può comprendere. Lascia più perplessi il mini-articolo al riguardo di TV2000, l’emittente vaticana portatrice delle istanze bergogliane:
“Gloria, la celebre canzone composta da Umberto Tozzi e portata al successo internazionale da Laura Branigan, è stata usata come sottofondo in un video diffuso sul web relativo all’assalto a Capitol Hill. Ma Tozzi e Branigan si dissociano dall’utilizzo improprio del brano”.
Che Umberto Tozzi si sia, ribadiamo il termine del momento, dissociato è un dato di fatto: ha pure insistito parecchio. Laura Branigan, dicevamo sopra, ha avuto un problema che da ben diciassette anni le impedisce di associarsi o dissociarsi, se non in ispirito, ad alcunché. A meno che abbia fatto come Mussolini, che secondo Repubblica è resuscitato dopo un anno e mezzo per fondare il Movimento Sociale Italiano e indicare la musica da diffondere ai comizi, l’”Inno a Roma” di Puccini.
Per carità, quello era davvero un errore grave. Pensare che Mussolini abbia visto il MSI è segnale di confusione gravissima sulla storia e sulla politica italiane. Vita, morte purtroppo precoce e miracoli di Laura Branigan, si possono, con tutto il rispetto, ignorare: si tratta di una cantante pop brillata, per poco, della luce altrui. Resta il fatto che la sua dichiarazione non c’è, non può esserci stata: ma in preda alla foga dell’anti-trumpismo, la si è immaginata.
Trump è stato, per quattro anni, un discreto presidente (con buona pace di Schwarzenegger e della sua dichiarazione “Trump peggior presidente USA di sempre”, un po’ tentativo di salire sul carro dei vincitori, un po’ professione di analfabetismo storico) che ha fatto errori gravissimi (aberrazioni come l’uccisione di Soleimani, non le baggianate immaginate dai “millennial” imbeccati dai “dem”) e soprattutto un argine al dilagante orrore globalista; la sua patetica reazione alla pantomima di Capitol Hill gli ha comunque consegnato una fine peggio che ingloriosa.
Trump politicamente è finito male, malissimo. Ma l’accanimento anti-trumpiano (come la reiterazione compulsiva, qui in Italia da parte di Ansa e TG3, del ritornello “Trump sempre più isolato”) offre uno spettacolo ben peggiore di quello dell’irruzione dei cafoni nel Campidoglio: la sceneggiata vile dei mediocri che esultano della sconfitta d’un avversario ormai inerte. La TV bergogliana che, nella brama di trovare voci contrarie a Trump, immagina le rimostranze di una defunta, fa una figuretta.