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Home L'Editoriale

Berlino, Karak, Ankara e la faccia di tolla di BHL, il guru degli “indignati”

di Marco Valle
20 Dicembre 2016
in L'Editoriale
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Berlino, Karak, Ankara e la faccia di tolla di BHL, il guru degli “indignati”

Ci risiamo. Una volta di più. In Giordania, in Turchia, a Berlino. I tagliagole barbuti tornano ad ammazzare. Proprio sotto Natale. Una sfida aperta all’Europa e ai suoi amici.

In poche ore, i fans del “califfo nero” hanno accoppato l’ambasciatore russo ad Ankara, turisti e locali nella fortezza crociata di Karak. Non paghi hanno poi travolto e ammazzato nove persone (ma forse più) che passeggiavano tranquille tra le bancarelle del mercatino di Natale a Breitscheidplatz, nel cuore di Berlino.

L’Isis ha subito rivendicato l’attentato di Berlino, il più eclatante. La replica precisa (anche se, fortunatamente, in scala molto minore) della mattanza di Nizza. Aspettiamo le altre rivendicazioni.

Ma nulla è casuale. Mentre le forze lealiste siriane — una piccola, stanca e valorosa armata di sunniti, sciti, cristiani, tutti stremati da 5 anni di guerra durissima — riconquistano, con l’appoggio benedetto della Russia, Aleppo e oggi persino  l’Iraq settentrionale, grazie principalmente ai curdi e alle forze filo iraniane,  sembra sul punto d’essere liberato, i terroristi e i loro terminali “dormienti” rilanciano l’offensiva della paura. In Medio Oriente, in Turchia, in Europa. A casa nostra.

Nulla di imprevisto. Anzi. Da mesi i servizi segreti avevano previsto nuovi, terribili massacri e (dove possibile) le misure di sicurezza sono state innalzate.  È la guerra assimetrica, senza regole e pietà. Se Aleppo oggi finalmente respira, tocca all’Europa piangere. Se il Kurdistan e Mossul possono sorridere, tocca alla Giordania e all’ambigua Turchia pagare pegno. Con il sangue.

Eppure, eppure proprio in Occidente, tra le nostre mura si continua a non vedere a non voler capire. A confondere acque e tinte e a lucrare sui morti, sulle tragedie. Il tamburo mediatico batte forte, senza sosta. Sono i sacerdoti del “politicamente corretto”, gli orfani di Obama e Hillary, i nostalgici di ogni indignazione possibile e remunerativa.

Tra i tanti imbecilli (tutti molto ben pagati) che ci affligono con pervicacia in questi giorni sui mass-media,  il posto d’onore spetta di sicuro al “re Salomone” della rive gauche parigina, ovvero Bernard-Henry Lévy. Puntuale e sgradevole come un mal di denti,  il guru transalpino degli “indignati” ha trombeggiato ieri su due pagine del  Corriere della Sera — impreziosite, per l’occasione, da una pubblicità di Chanel… — sproloquiando cazzate sul Medio Oriente, l’Islam, l’Europa, il mondo. Mario Sechi, uomo intelligente, nella sua nota quotidiana ha così commentato:

«In prima pagina quelli di via Solferino hanno rotativizzato il filosofo del conflitto, quello che si immagina infallibile spettrografo dei nostri tempi, quello che comincia il suo ennesimo definitivo articolo sul nostro tempo citando un poeta che egli sente vicino a se stesso (René Char, un combattente) e sulla mattanza di Aleppo lancia la sua vibrante protesta. Perché lui, il grande filosofo, questo separatore di ioni dello zeitgeist, si vergogna di tutto e tutti per noi, che altruismo. Non risparmia nessuno, l’indignato, neppure la scrittura che espone così brillantemente il suo pensiero. Bombardano Aleppo. Ecco un passaggio che testimonia l’originalità della sua prosa: “Effetto della «de-realtà»? Alla fine ci siamo assuefatti alla sofferenza degli altri? O ci troviamo forse ai giochi circensi? L’inconfessabile compiacimento nel veder agonizzare degli omuncoli laggiù, mentre noi, dalle tribune, ci dimentichiamo di alzare il pollice?”. Il compiacimento è tutto suo, in questo do di petto che sale dalla sofferenza dei caffé di Saint-Germain-des-Prés, Paris, e sfocia in un esito tragicomico quando dal testo e dalle immagini della città siriana si passa a uno sguardo totale dell’impaginato e si scopre che il vero messaggio sullo smarrimento dell’uomo contemporaneo non è nell’articolo dell’indignato a manovella, ma nell’assemblaggio degli elementi del Corriere della Sera. La pubblicità a centro pagina. Ecco il tragico presente che si fa surrealismo. L’inchiostro corrosivo è questo, non quello di BHL. Aleppo & Chanel. Bombe e eau de parfum. Era tutto così semplice. Bastava passare in tipografia. Tanti saluti, Bernard-Henry Lévy».

Ecco BHL, il “dolore del mondo” e Chanel. Tutto sul quotidiano della borghesia meneghina. In queste sere per alcuni un simpatico spunto per discutere, tra una tartina e l’altra, dei destini del globo. Nei salotti delle sciurette questi giorni invernali si parlerà di russi cattivi, di bimbi di Aleppo (probabili testimonials per l’inutile “Museo del Bambino” milanese…) , delle tristezze di Hillary e Matteo, della volgarità del presepe cristiano e, soprattutto, delle prossime vacanze. Dei morti di Karak, Ankara e Berlino non frega nulla a nessuno. Se “qualcosa” non ha funzionato è solo colpa di Putin, dei razzisti e dei populisti. Sicuri? Tranquilli, lo ha detto Levy sul Corrierone..

 

Tags: Bernard Henry LeviCorriere della SeraGermaniaGiordaniaMario SechiSiriaterrorismoTurchia
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