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Navi e poltrone/ Il caso De Giorgi: l’ammiraglio porta pena

di Massimo Weilbacher
21 Aprile 2016
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Navi e poltrone/ Il caso De Giorgi: l’ammiraglio porta pena

A quanto pare la cittadina siciliana di Augusta, in provincia di Siracusa, non porta bene alla Marina Italiana.
Teatro nel 1943 di uno dei più vergognosi episodi dell’ambigua guerra della Regia Marina, oggi è invece fonte di guai per l’attuale capo di Stato Maggiore della Marina Militare, ammiraglio Giuseppe De Giorgi, che si ritrova indagato dalla magistratura per associazione a delinquere, nell’ambito dell’inchiesta sul petrolio della Basilicata, per fatti che riguarderebbero il porto di Augusta.
Nel 1943 Augusta era una munitissima piazzaforte, completamente fortificata, dotata di cannoni navali da 381 mm capaci di colpire a 35 km di distanza e di modernissimi e micidiali armamenti di ogni tipo, incluso un treno blindato armato di cannoni da 120 mm.
Difesa da diverse migliaia di soldati e marinai, la piazzaforte di Augusta era molto temuta dagli Inglesi, che dopo essere sbarcati all’estremità sud orientale della Sicilia, sapevano che per avanzare su Catania avrebbero dovuto fare i conti con i suoi cannoni.
Nel pomeriggio 10 luglio 1943, però, poche ore dopo lo sbarco e mentre gli Alleati sono ancora lontani, l’ammiraglio Priamo Leonardi, comandante della base, dispone l’evacuazione della piazzaforte dando l’ordine di procedere alla distruzione di tutte le armi (compreso il treno blindato), munizioni e attrezzature belliche secondo ordini dettagliati diramati, stranamente, già la sera precedente, ben prima dello sbarco alleato .
Dopodiché, seguito a ruota dal suo stato maggiore, si dirige rapidamente verso Catania seguito disordinatamente dalle truppe, che si sbandano subito, e da molti civili in una caotica e ignobile fuga, una delle tante di quell’estate del 1943.
Gli Inglesi arriveranno ad Augusta solo due giorni dopo, il 12 luglio, e troveranno, increduli, la base completamente deserta e le installazioni portuali intatte, pronte ad essere utilizzate per le loro esigenze.
Il nemico si era impadronito di una delle più potenti fortificazioni costiere d’Europa senza sparare un colpo.
Un episodio vergognoso per la Regia Marina, purtroppo non il primo né l’ultimo di quella guerra.
Oggi, invece, troviamo ad Augusta il capo di Stato Maggiore De Giorgi indagato in una brutta storia di maneggi illeciti e poco chiari con al centro, tra le altre cose, un pontile del porto.
Il tutto arricchito da un corposo dossier anonimo di malefatte (da verificare se vere o inventate, in tutto o in parte) a carico dell’ammiraglio.
Al di là dei fatti, che se veri sarebbero gravissimi, riferiti dall’estensore del papiello, l’episodio sembra confermare che l’atmosfera al Ministero della Difesa si è fatta pesante e che, oramai, volano i coltelli.
Risulta abbastanza evidente che le circostanze e i dettagli riferiti nel dossier anonimo possono provenire solo da qualcuno molto ben addentro agli alti comandi.
Conseguenza inevitabile di una situazione sempre più deteriorata, con un ministro palesemente fuori ruolo e sempre più spaesato, un governo superficiale e facilone su tutto ma soprattutto sulle questioni di politica estera e militare e vertici militari privi di direttive chiare, sempre più preoccupati ed insofferenti che, a fronte di crescenti responsabilità e di ipotesi operative sempre più impegnative, si vedono inesorabilmente tagliare le già scarse risorse.
I malumori degli stati maggiori sono rimasti per ora sotto traccia, pressoché ignorati dalla stampa, a parte le fantasie di qualche zelante cantore dello storytelling che per spiegare le contraddizioni e le inefficienze del governo si è inventato improbabili congiure di generali e ammiragli ai danni della ministra Pinotti.
In realtà la questione, molto seria, è abbastanza semplice e va sostanzialmente ricondotta al classico binomio soldi-potere.
La Pinotti ha presentato un anno fa il cosiddetto Libro Bianco della Difesa, ovvero il documento programmatico pluriennale che dovrebbe orientare la strutturazione e lo sviluppo delle Forze Armate nei prossimi anni.
Il documento, in realtà, è risultato piuttosto carente e superficiale, analizzando le varie problematiche in chiave prevalentemente politica e fornendo solo indicazioni di massima utili forse per delineare una cornice normativa generica, ma non certo per definire concretamente il futuro della difesa nazionale.
Un orientamento, però, è apparso subito chiaro: l’accentramento sullo Stato Maggiore della Difesa, quindi direttamente al Ministero, di molte essenziali funzioni già di competenza dei singoli Stati Maggiori destinati, quindi, ad essere ridimensionati ed a perdere peso e potere soprattutto nelle fondamentali decisioni relative agli armamenti.
Non che una scelta del genere sia di per sè negativa, anzi: le forze armate italiane sono sempre state caratterizzate da una linea di comando pletorica e farraginosa e dalla moltiplicazione di comandi ed enti utili solo per trovare poltrone ad una folla di generali ed ammiragli, causa non secondaria di molti dei disastri militari dall’Unità in poi.
Per ora il Libro Bianco è rimasto sulla carta e la discussione nelle competenti commissioni parlamentari inizierà solo nelle prossime settimane.
Il fatto è che sarà molto difficile che in un momento come questo un ministro poco autorevole come la Pinotti ed un governo superficiale e privo di una reale conoscenza dei problemi siano in grado di realizzare un cambiamento epocale del genere e, soprattutto, di piegare le fortissime resistenze interne.
E’ proprio qui che si inseriscono i maneggi dell’ammiraglio De Giorgi il quale, stando alle intercettazioni dell’inchiesta nella quale è indagato, avrebbe cercato di ostacolare l’operato del Ministro della Difesa e del capo di Stato maggiore della Difesa, generale Claudio Graziano, per mantenere intatto il potere del Capo di Stato Maggiore della Marina.
C’è poi il problema dei fondi: per l’effettivo funzionamento di Esercito, Marina e Aeronautica (i carabinieri hanno un capitolo di bilancio a parte) viene stanziato un miserabile 0,8% del PIL, una cifra ridicola, la più bassa d’Europa e della NATO, insufficiente a coprire le effettive necessità operative delle tre armi, costrette perciò a disputarsi con ogni mezzo le poche briciole disponibili.
Gli stanziamenti vengono, a volte, integrati con erogazioni speciali, come nel caso del programma F35 dell’Aeronautica (di cui non è ancora garantita l’intera copertura) o la cosiddetta “Legge Navale”, per la cui approvazione De Giorgi avrebbe manovrato in combutta con la combriccola di Gianluca Gemelli e faccendieri vari, pare anche per impedire ostacoli da parte delle altre Armi, soprattutto dell’Esercito la cui legge speciale è al momento solo allo stato di vaga idea.
La Legge Navale, che stanzia poco più di 5 miliardi per la costruzione di una decina di navi da qui al 2025, è indispensabile ma in realtà del tutto inadeguata: dal 2015 al 2025 saranno radiate 57 navi ed è evidente che non potranno certo essere sostituite dalle poche unità appena finanziate (6 pattugliatori d’altura, 1 nave anfibia, 1 nave logistica e 2 mezzi veloci per incursori).
Il che significa che in un Mediterraneo sempre più caldo la Marina Militare non è già ora più in grado di adempiere ai propri compiti operativi.
Sarebbero necessari nei prossimi anni altri cospicui stanziamenti, ma di questo nessuno sembra preoccuparsi né nel Libro Bianco, né al governo né altrove.
Dietro al caso De Giorgi ci sarebbe, quindi, una aspra lotta per il potere e gli stanziamenti combattuta anche a colpi di dossier anonimi.
Un classico che attraversa la storia dell’Italia Unita sin dai tempi dello scandalo della Banca Romana, quando dossier compromettenti apparivano e scomparivano a seconda delle convenienze per azzoppare nemici o salvare amici, culminando con la vicenda delle lettere scritte dalla moglie di Crispi all’amante e fatte pervenire a Giolitti che le portò in Parlamento.
Per non parlare, tornando ai giorni nostri, dei famosi fascicoli riservati del SIFAR di De Lorenzo, in teoria distrutti ma che invece accompagnarono per anni le vicende della prima repubblica spuntando fuori sempre al momento opportuno, o della vicenda di Mino Pecorelli e della sua rivista OP o anche dei vari dossier della loggia P2 e dei servizi segreti deviati che per anni hanno ammorbato la scena politica e anche economica del Paese.
In fondo di fronte a certi precedenti il cavallo bianco dell’ammiraglio De Giorgi (ammesso che sia vero) tutto sommato fa ridere.

Tags: Augustaforze armateMarina militareMediterraneoRoberta Pinotti
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