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Home L'Editoriale

Pagellina elettorale. Promossi, bocciati, rimandati

di Gianluca Castro
6 Marzo 2018
in L'Editoriale
0
Pagellina elettorale. Promossi, bocciati, rimandati

 

Quali elementi ricavare dalle elezioni appena trascorse? La tornata elettorale del 4 marzo è stata a tal punto ricca di spunti e di interpretazioni che esiste davvero l’imbarazzo della scelta. Proviamo a valutarli uno ad uno con i relativi leader.

Silvio Berlusconi
Il prepotente ritorno del ‘cavaliere mascarato’ (come lo definiva Striscia la Notizia) onnipresente anche se ormai non più cavaliere, sempre più pesantemente però dipendente dalla visagista che – nonostante l’impegno – fatica ormai a nascondere i segni del tempo ha coinciso con la debacle di Forza Italia ma, soprattutto, con l’affermazione dei 5Stelle contro i quali si è pesantemente scagliato durante l’intera campagna elettorale.
Se esisteva una competizione nello schieramento di cdx l’ha sonoramente persa, venendo superato dalla Lega in termini di consensi e di credibilità. Un personaggio  ineleggibile e privo persino dei diritti di elettorato passivo, che ha comunque voluto far scrivere il suo nome sul simbolo del partito, del resto meriterebbe solo l’oblio se non fosse riverito da uno stuolo di cortigiani e lacchè che continuano a considerarlo al centro delle loro ambizioni.
voto 4

Matteo Renzi
Non a caso il contraltare di Berlusconi, col quale ha stretto in questi anni torbidi accordi, fatti da scambi di favori e ripetuto sostegno parlamentare, in modo da poter governare 5 anni col PD e provare a distruggere l’Italia.
Ha prodotto una Legge elettorale in collaborazione con Forza Italia che puntava all’ingovernabilità (elemento perfettamente raggiunto) ma ha a tal punto indebolito il suo partito da relegarlo nella marginalità. Ha voluto per sé un paracadute al Senato che voleva abolire, candidato nelle lande altoatesine Maria Laura ‘Etruria’ Boschi lontano da Arezzo, protetta dalla SVP, Pierfrancesco Casini a Bologna in cambio all’appoggio ricevuto alla Commissione Banche.
Il ‘rottamatore’ che da quando è salito alla ribalta nazionale ha rottamato soprattutto la decenza. Il nuovo che fa rimpiangere il vecchio.
Voto 3

Luigi Di Maio
Il bibitaro dello stadio San Paolo passato nel volgere di pochi anni dal lavoro precario alla leadership della prima forza politica nazionale (altro che american dream).
Cresciuto sotto l’ala protettrice del comico Beppe Grillo e della Casaleggio e associati ha saputo bene interpretare il ruolo rassicurante di candidato premier barcamenandosi tra scandali e rivelazioni di vario genere su candidature imbarazzanti e comportamenti contrari all’etica moralizzatrice del suo movimento.
Ha promesso cose impossibili come il reddito di cittadinanza risultando però più credibile di campioni della menzogna alla ribalta da decenni. Allevato in vitro al pari della pecora Dolly, è la vera devastante novità della scena politica italiana, avesse anche una fidanzata ultrasessantenne sarebbe lui il vero Macron italiano.
voto 7.

Matteo Salvini
Ha condotto una difficile transizione dalla Lega di Bossi a quella attuale. Dal secessionismo (inattuabile ma presente nel retropensiero di tanti militanti) al sovranismo passando alla creazione di un partito nazionale e non più macroregionale.
E’ giunto al punto di cambiare il nome del Partito alla vigilia del voto, togliendo la parola Nord da quella della Lega per ribadire la sua scelta.
Ha saputo quasi sempre pazientare e resistere di fronte alle continue fughe in avanti del padrone di Forza Italia o ai malumori interni, puntando le sue energie su una campagna elettorale nelle piazze senza trascurare neppure le più inospitali.
Ha assorbito la defezione di Maroni (probabilmente destinato – nell’immaginario di Berlusconi – a un ruolo nel dopo voto a supporto delle politiche proprio del Caimano) apparentemente senza contraccolpi. Sicuramente (non solo in termini di numeri) il vero vincitore nello schieramento di cdx. Ha quadruplicato in pochi anni i voti della Lega conquistando consensi e credibilità personale.
Difficile prescindere da lui per gli scenari riguardanti la formazione del nuovo governo e anche per tutto quello che verrà in seguito.
Voto 8.

Grasso&Boldrini
Massime cariche istituzionali del Paese. Fondano un partito per raccogliere le anime di sinistra del PD e, anziché sui contenuti, si lanciano in patetici proclami antifascisti (in assenza di fascismo). Veri mandanti e ispiratori del rinnovato clima di violenza riaffiorato in Italia.
Giustamente puniti dagli elettori con un risultato ridicolo che li ha visti soccombere nel maggioritario permettendogli di salvarsi solo grazie al listino proporzionale.
Destinati all’irrilevanza come le ‘idee’ che esprimono.
Voto 2.

Giorgia Meloni
Incassa un buon risultato incrementando i voti ma soprattutto il numero di parlamentari.
Schiacciata tra un onnipresente Berlusconi e un iperattivo Salvini conduce la sua campagna elettorale sottotono, appesantita dalle scorie del ritorno di Daniela Santanchè (che si è accasata con Giorgia perché non trovava posto in Forza Italia) e dalla patetica professione di un antifascismo di maniera del suo coordinatore nazionale Crosetto.
Si deve guardare sul lato destro dalla concorrenza di CasaPound (strumentalmente accreditata dai sondaggi oltre la soglia minima del 3% che però in realtà si attesta intorno all’1), che cattura i consensi di molti ex missini attirati da una ben orchestrata strategia mediatica della Tartaruga Frecciata che gode anche di una grande visibilità, pur in negativo (negata invece a Forza Nuova). Deve l’incremento dei parlamentari soprattutto agli accordi di coalizione e all’abilità del grande ’tessitore’ Ignazio La Russa che ha ottenuto per FdI un numero di collegi sicuri senz’altro superiore all’apporto numerico di questo partito alla coalizione.
Voto 5.

Tags: elezioni
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