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Home L'Editoriale

Per Lucio. Tu chiamale se vuoi, emozioni

di Eugenio Pasquinucci
9 Settembre 2018
in L'Editoriale
2
Per Lucio. Tu chiamale se vuoi, emozioni

 

 

Negli anni settanta i giovani di destra o genericamente anticomunisti andavano a studiare a Pavia. Alla Statale di Milano infatti il clima era pesante per chi non fosse di sinistra e c’erano perfino le foto segnaletiche con tanto di liste di proscrizione per chi era bollato come “fascista” o presunto tale. I professori dell’Università di Pavia, durante gli esami , quando si accorgevano che uno studente proveniva da Milano, chiedevano sempre, ingenuamente, il perché di quella scelta così scomoda. Noi tutti facevamo la figura degli imbecilli, perché non raccontavamo la verità e rimanevamo sul vago quando addirittura raccontavamo motivi improbabili. Io avevo conosciuto Graziella e Paolo, nelle mie stesse condizioni, e insieme compivamo il tragitto Milano-Pavia, tre volte a settimana, suddividendoci le spese della benzina per la mia Mini e il maggiolino di Paolo.

In una di queste circostanze Graziella mi raccontò che suo padre gestiva una pensione in corso Genova o meglio era un affittacamere con tanto di piccola insegna, la pensione Cantore, che si affacciava sulla strada.

Per un certo periodo di tempo vi era stato ospite Lucio Battisti, appena giunto a Milano ; viveva con loro ed era molto umile e riservato . Mi sono sempre pentito di non avere chiesto a Graziella maggiori notizie, di non essere riuscito a carpire qualche confidenza su quel cantante che in quegli anni era all’apice del successo.

Dagli anni sessanta in poi, per circa un decennio, ogni mese usciva un disco di grande successo, che avrebbe costituito parte della ricca colonna sonora della vita di un’intera generazione. E Battisti era il capofila, sfornava quasi ogni mese canzoni una più bella dell’altra , tutte originali, particolari.

In quel tempo si era sparsa la voce che Lucio fosse di destra, che avesse addirittura scritto un pezzo, ”Uno in più” per i giovani anticomunisti, che il “bosco di braccia tese “ o “mare nero o mare nero” fossero allusioni identitarie. Di vero c’era solo il suo rifiuto a cantare alle feste dell’Unità, come fu spiegato un giorno alla televisione della svizzera italiana da qualcuno che lo conosceva bene; Battisti rimase disgustato dai fischi tributati a De Gregori durante una sua esibizione. Vero o falso che fosse, la sinistra ci credette e le sue canzoni furono bandite dalle loro emittenti . Radio University, l’emittente della destra milanese ne trasse vantaggio , anche perché trasmetteva senza problemi Guccini, Dalla, De André e via dicendo senza censure.

Questa diceria dava consolazione a tutta la gioventù di destra che non si sentiva isolata e Battisti piaceva anche ai ragazzi di sinistra meno fanatici. I testi di Mogol infatti raggiungevano tutti perché parlavano di sentimenti, delle piccole e grandi emozioni della vita.

La generazione nata nel decennio tra gli anni cinquanta e sessanta, aveva nella musica una guida, un filo conduttore nelle prime esperienze adolescenziali.

Allora nelle discoteche si ballavano i lenti, e forte era l’emozione di stringere in un abbraccio una ragazza, il suo petto a contatto con il tuo, il “seno bianco e morbido tra noi”. Il primo bacio era una vera conquista, “posso stringerti le mani, come sono fredde tu tremi, no non sto sbagliando mi ami. “

Quando non si ballava nelle discoteche c’erano le feste a casa, mamma e papà andavano al cinema e non temevano di vedersi svaligiato l’ appartamento perché la droga ancora non circolava tra i giovani.

Ma in ogni caso se non c’era questa disponibilità avevano inventato il mangiadischi , costava poco ed era tutto bello colorato, si infilavano i 45 giri e si ascoltava un canzone dietro l’altra, magari ai giardini o su un prato in montagna o sulla spiaggia , dove la “Canzone del sole” era la più gettonata.

D’estate accadeva un fatto particolare : si instaurava una tacita tregua tra i ragazzi delle due fazioni di destra e di sinistra : se si era nemici spietati a scuola, durante le vacanze, tutti, da perfetti borghesi, ci si faceva gli affari propri.

Chi non poteva comprarsi tutta una collezione di 45 giri, si faceva regalare un registratore di musicassette e con un semplice microfono appoggiato alla radio, il sabato pomeriggio, unico giorno possibile, registrava da “Per voi giovani” o “Bandiera gialla” i successi del momento.

Ogni tanto la cassetta di bloccava e tutti eravamo diventati abili ad usare la penna Bic per riavvolgere il nastro; quella stessa biro serviva ovviamente per scrivere e come cerbottana per colpire la compagna secchiona in prima fila durante la lezione.

Caro ragazzo di oggi , che ti becchi la sbobba rap, difficilmente avvertirai le nostre “emozioni” perché “nella mente tua non c’è” quell’atmosfera della nostra giovinezza, “davanti a me c’è un’altra vita” e “capire tu non puoi”.

Grazie Lucio.

Tags: anni di piomboLucio Battistimusica
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Commenti 2

  1. Leo says:
    2 anni fa

    In realtà i primi Anni’ ’70 furono l’inizio della fine , ovvero lo scardinamento della Scuola e della Università , intesi quali ” ascensori sociali”. Ma noi non lo sapevamo e sognavamo una Italia diversa ed una Europa che “….,,vecchia troia ci sfuggiva sempre di mano”. In effetti al Statale era off limits , ma in ogni caso ricordo nella vicinissima via Francesco Sforza ai funerali dell’agente Donnarumma la Giovane Italia forse per l’ultima volta sfilare inquadrata a file di tre con il gagliardetto davanti. Quel giorno Capanna & C ricevettero una ruvida ( ma non troppo) lezione. Poi seguirono anni pericolosi fatti di violenza cattiva, inutile e talvolta criminale , prima che liberal, sinistri e berluscones piallassero via ogni sogno.

    Rispondi
  2. Leo says:
    2 anni fa

    Pardon : agente di PS Annarumma ….lapsus calcistico !

    Rispondi

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