Nei giorni scorsi due sondaggi, pubblicati da La Repubblica e da Il Corriere della Sera, hanno tastato il polso all’elettorato italiano all’indomani della pausa estiva. Pur con qualche lieve variazione percentuale tra le due rilevazioni, il quadro generale che emerge è sostanzialmente omogeneo: ad un Partito Democratico tutto sommato stabile (al 26,8% per Demos e al 26,9% per Ipsos) si contrappongono un M5S in crescita (28,1% Demos e 27,6% Ipsos) ed un centrodestra in complessiva risalita. Ed è proprio sugli equilibri interni allo schieramento di centrodestra che è opportuno focalizzare l’attenzione.
I due sondaggi citati mostrano dati non concordanti sul peso specifico dei singoli partiti di centrodestra: per Demos la Lega è al 13,6%, Forza Italia al 13,2% e Fratelli d’Italia al 4,8%. Secondo Ipsos, invece, il partito di Salvini è al 15,1%, gli azzurri al 15,6% e FdI al 4,9%. Un dato, quest’ultimo, che consente al Corsera di titolare “Berlusconi batte Salvini”. Ma è davvero così? A leggere i dati cum grano salis, ovvero senza fermarsi al decimale in più o in meno, l’impressione che si ricava è proprio quella opposta.
Forza Italia, per anni partito egemone della coalizione di centrodestra, a lungo ha veleggiato ben al di sopra del 20%, raggiungendo in più di un’occasione (e superando in qualche caso) il 30% dei consensi. Di quei risultati resta, oggi, ben poco: le rilevazioni più benevole concedono agli azzurri un risultato di poco superiore al 15%. Evidente come ormai il bagaglio di consensi del passato, e probabilmente lo stesso carisma dell’ex cavaliere, sia solo un lontano ricordo. Indebolita da ricorrenti scissioni ed improvvisi ritorni alla casa del padre di improbabili figlioli prodighi, ma soprattutto caratterizzata da una linea politica che continua ad oscillare tra la disponibilità al dialogo con Matteo Renzi, sulla base del comune richiamo al Ppe ed al “superiore interesse” del Paese, ed il tentativo di presentarsi come alternativa reale al “governo delle sinistre”, Forza Italia appare oggi incapace di replicare i successi elettorali del passato. Dunque rivendicare, motu proprio, il ruolo di partito egemone della coalizione appare più frutto della concezione aziendalista e padronale del partito e della politica propria del leader azzurro che una condizione sancita da dati di fatto (ovvero dal peso elettorale, ché questo infine conta in politica).
Diametralmente opposta la situazione della Lega guidata da Matteo Salvini. Il partito, pur con non poche difficoltà e qualche contraddizione, ha ormai assunto una dimensiona nazionale, occupando quello spazio che la destra politica – per impossibilità, incapacità e, spesso, scarso appeal dei suo esponenti sul territorio – non ha saputo presidiare ed ampliare in un momento, per di più, estremamente favorevole. La proposta politica della Lega, certamente ancora da sbozzare, è distante anni luce dalle posizioni ondivaghe di Forza Italia e questo sembra essere apprezzato dagli elettori di centrodestra. Soprattutto a seguito dell’evidente polarizzazione dell’opinione pubblica su numerosi temi.
In questo contesto il peso elettorale di Fratelli d’Italia, stimato a cavallo del 5%, non fa altro che rafforzare la posizione della Lega. E non sembri un paradosso: l’ala “identitaria” della coalizione di centrodestra ha finalmente compreso quanto sia utile archiviare le contrapposizioni del passato puntando a lavorare su quel che unisce piuttosto che su quel che ancora (?) divide.
Insomma, se si dovesse giudicare in base ai numeri proposti dai sondaggi in questi giorni si dovrebbe concludere che la coalizione di centrodestra “tira” grazie al motore “identitario”, piuttosto che grazie a quello targato Ppe. Ma non sono solo i sondaggi a disegnare questo scenario: anche l’esito delle amministrative della scorsa primavera – numeri “veri” e non rilevazioni statistiche – ha evidenziato come senza l’apporto determinante della Lega non c’è centrodestra che vince. Non è un caso, infatti, che siano state Campania e Puglia le ultime roccaforti del centrosinistra.
E come dimenticare quanto sta accadendo in Sicilia? Qui Forza Italia, leggasi Silvio Berlusconi, è stato costretto a capitolare dinanzi alla candidatura di Nello Musumeci, sostenuto con forza proprio dal duo Salvini – Meloni.
Insomma, ce n’è quanto basta per sperare che la rincorsa al centro – sulla falsariga dell’imbarazzante corteggiamento ad un ministro del governo di centrosinistra come Angelino Alfano – sia finalmente archiviata. E, cosa ancora più importante, per auspicare che l’ex cavaliere, ormai giunto all’ottantina, si adegui a recitare la parte del padre nobile. Evitando di pretendere di essere colui che decide in solitudine. Di scelte errate ne ha fatte già abbastanza.