Increduli e stupefatti. E’ questa la reazione immediata, accorta e serena, di fronte al silenzio, purtroppo accondiscendente, che circonda almeno per il momento la protervia delle affermazioni contenute in una lettera del governatore del Veneto, pubblicata ieri sul “Corriere della Sera”. Zaia sostiene che in un Paese, incapace di svolgere la propria funzione legislativa e impossibilitato quindi a produrre provvedimenti “nel solco di un vero e meditato riformismo”, “il referendum resta l’unico modo [nel suo caso e visto il patrimonio delle sue idee, l’unica arma] per restituire in qualche modo, anche in via sussidiaria, sovranità, centralità e interlocuzione al popolo stesso”.
Ora ed è questo l’aspetto ignorato da Zaia, il discorso, zeppo di condizioni, non tiene in considerazione che i poteri del popolo non sono sterminati ed illimitati ma sono legati e subordinati all’interesse collettivo, cioè nazionale.
Non tenendo in alcun conto la sentenza della Corte costituzionale, una ed isolata, di modifica giurisprudenziale non consolidata, le parole di Zaia crescono di gravità nel 3° punto, in cui richiama l’art. 116 della Costituzione. Esso prevede la possibilità della concessione di attribuzioni di funzioni appartenenti allo Stato solo dopo “iniziativa della Regione interessata”. Ma il governatore, senza indicare le indispensabili richieste avanzate, polemicamente sancisce che “neppure una Regione ha finora avuto il bene di vedersi riconoscere alcunché”.
Ai punti 4° e 5° si giunge ai temi caratterizzanti, argomentati, senza contraddittorio logico e storico, solo con supponenza e tracotanza.
Zaia non può non riconoscere che il referendum sarà “una campagna politica”, basata – lo si rilevare francamente — su argomentazioni campanilistiche e frazionistiche, su rivendicazioni meramente egoistiche, incontrastate per la debolezza e per la autolesionistica sudditanza dei gruppi alleati della Lega.
Dando per scontata la volontà dei veneti il Parlamento ed il governo saranno costretti ad affrontare “la questione di un federalismo richiesto da tante [boom e arciboom] Regioni virtuose nei conti e nell’amministrazione”.
Questo e solo questo il disegno finale di uno smembramento, della disarticolazione dello Stato, di una discriminazione incomprensibile tra aree ed aree della stessa nazione, della proclamazione di cittadini fortunati e di cittadini sfortunati, indegni di essere seguiti da uno Stato diventato patrigno.
La perla finale, minacciosa ed intimidatoria, è da riprendere integralmente, tale nella sua rudezza da provocare sconfessioni e rifiuti inequivocabili e definitivi: “Dopo l’esito di questo referendum (che tutti auspichiamo plebiscitario) nulla sarà più come prima. Destra e sinistra (il monito vale per entrambi gli schieramenti) sono avvisate: con l’autonomia del Veneto (e della Lombardia) non si scherza più”.
Zaia evita di etichettare le sue posizioni secondo la sua “fede” leghista, altri (le forze nazionali) ne dovrebbero cogliere la radice autentica e provvedere ad un profondo ridimensionamento dell’alleanza.
Berlusconi di queste (per lui) bagattelle non si cura e guarda alla “rifondazione” di Forza Italia. Si garantisca seriamente, perché i precedenti sono stati del tutto catastrofici, dagli arruolamenti delle reclute, dei fragili neofiti del suo credo.
Antonio Polito, considerando il caso de Magistris, fautore in concorrenza con Emiliano di un “nuovo leghismo meridionale”, ne ha ricordato il sostegno ai referendum propugnati da Zaia, sintetizzando il loro sistema federale nella formula “ognuno per sé e Dio per tutti”. Non poteva essere più felice!
Effettivamente pare strano che nessuno parli di questo referendum che potrebbe davvero avere esiti dirompenti. Non voglio soffermarmi sulle ragioni e sulle motivazioni. Ma se dovesse essere raggiunto il quorum (non so se è previsto ma una eventuale partecipazione di massa al voto darebbe legittimazione al risultato) e se dovessero prevalere i favorevoli all’autonomia (cosa probabilissima) cosa succederà il giorno dopo? Ignorare l’esito del voto significherebbe per il governo di centro sinistra perdere definitivamente il Veneto. Ma cosa farebbe lo stesso Salvini? Da una parte sta cercando di legittimarsi come leader nazionale e dall’altra il suo serbatoio di voti, il Veneto appunto, alza l’asticella delle richieste… che farà Salvini? Parte di Forza Italia si sta schierando a favore del referendum… Fratelli d’Italia? Boh…