Ernesto Galli della Loggia torna ancora una volta sul suo editoriale sulle riforme, in questa ed in altre sedi analizzato, in polemica con un giornalista e osservatore, da anni o meglio da sempre immeritatamente presente nei dibattiti sulla stampa soprattutto per le variegate e divaganti simpatie, Giuliano Ferrara.
Non vale davvero la pena seguire il confronto più di posizioni che di idee tra i due, quanto leggere ed esaminare i giudizi espressi su tre uomini politici, che potevano essere inseriti nella “razza” degli autentici leaders democratici. Secondo Galli i tre, Craxi, Berlusconi e Renzi, non possono godere di questa considerazione.
Accredita Craxi di “una fortissima personalità”, purtroppo “racchiusa in un bozzolo di diffidenza e di incomunicabilità, che di certo non ne fecero mai un capo popolare”, in realtà un egolatra muscolare dagli atteggiamenti tribunizi. L’editorialista aggiunge che “causa e vittima della pessima fama (meritata) del suo partito, egli divenne l’uomo politico più detestato del Paese”.
Anche in questo passaggio non viene rilevata, come dovrebbe essere, la pratica della mai censurata politica del “doppio binario” da lui praticata (a Roma con la DC ed i partitini vassalli, negli enti locali (Regioni, Province e Comuni) secondo la convenienza ma sempre e rigorosamente nella “Stanza dei bottoni”) e il favore, senza nulla dire e nulla fare, sui rassismi locali, funzionali alla sua egemonia incontrastabile.
Contestabile e confutabile integralmente è il giudizio espresso su Berlusconi. Non vale anzi con forza va negato il ruolo assegnatogli di “capopartito della Destra”, dallo stesso smentito con i giochi deleteri, condotti contro la Destra politica e sociale, o i giochini tentati e non realizzati, una volta constatati i contenuti autolesionistici, in Sicilia, regione nella quale è apparso, ancora una volta solo per creare caos, Sgarbi.
Questa presunta posizione è stata, sempre secondo l’isolato parere di Galli, interpretata “di preferenza (almeno fino ad oggi) con toni acidi e rancorosi d’inutile contrapposizione verso chi non fosse d’accordo con lui”.
Dove, come, quando e nei riguardi di chi? Berlusconi – non dimentichiamolo – tra i mille e mille difetti annovera quello di essere un pessimo selezionatore di uomini e di donne, come è dimostrato dai tanti tradimenti subiti (un caso eclatante è quello di Giorgio Gori, forse più noto come marito della Parodi, ex forzista, ora sindaco di Bergamo e aspirante candidato al “Pirellone” per la sinistra).
Il terzo gigante non poteva non essere ritenuto Renzi, che è stato sconfitto pesantemente il 4 dicembre scorso per l’antipatia dilagante suscitata, nonostante il voto favorevole di Galli stesso e l’ appoggio sviscerato delle gazzette quotidiane. dei periodici e delle reti televisive, tra le quali non si sono davvero defilate quelle berlusconiane.
Ma Renzi non ha il proprio limite nella disfatta referendaria (62% a 38%), ma nella sua impreparazione, nella sua superficialità e nella sua confusa verbosità, per nulla sanata o attenuata dalla lezione degli ideologi cattodemocratici e dei preti toscani, tanto deleteri per la fede, a cominciare da Milani.
Un intervento del commissario europeo per gli Affari economici, Pierre Moscovici, confinato in VI pagina, in chiusura di un articolo del “Corriere”, in cui si raccolgono le interpretazioni di stampo governativo dell’Istat, getta un’ombra di enorme pesantezza sulla situazione economica reale del nostro Paese.
Moscovici avverte che “con un deficit del 3% l’Italia non sarebbe in grado di ridurre il suo altissimo debito pubblico” e precisa che esso “è stato concepito, come un limite, non un obiettivo”. Secondo fonti Ue, poi, “i governi si aspettano dall’Italia uno sforzo di bilancio serio”.
Con le tante “mancette” elettorali in cantiere ed in preparazione dove il nostro Paese ovvero tutti gli italiani andranno a finire?