Dalle urne arriva una discreta sberla a Renzi. Al netto degli astenuti, il Partito Democratico arretra e annaspa quasi ovunque. L’affermazione di Giachetti a Roma è forse un mezzo miracolo ma difficilmente si concluderà con una vittoria sulla pur modesta Raggi. A Milano l’opaco Beppe Sala è stato raggiunto dal non brillante Parisi e ora i giochi sono aperti. Nel resto d’Italia — Cagliari e Salerno fanno storia a sè — non va molto meglio e il PD — basta scorrere le dichiarazioni dei “compagni dirigenti”… — reagisce, per antico riflesso condizionato, rinchiudendosi a sinistra, tromboneggiando la solita retorica popolana ma senza popolo.
Le opposizioni festeggiano o fanno finta. I grillini alzano la voce, ma fuori dalla capitale e con l’eccezione di Torino, i problemi non mancano mentre mancano i voti per il “gran salto”. Il centrodestra nelle sue diverse strambe geometrie tiene, talvolta avanza (vedi Trieste e Pordenone) ma non recupera la vocazione maggioritaria e governista, deludendo una volta di più segmenti importanti del suo elettorato di riferimento. I ballottaggi si annunciano sofferti e difficili.
A destra vi è il successo, parziale ma significativo, di Giorgia Meloni nella capitale. La giovane leader ha asfaltato Marchini — e di conseguenza Berlusconi e i suoi infidi satelliti destrosi e centristi — e oscurato finalmente Salvini che non sfonda (vedi l’11 per cento leghista a Milano) nemmeno a casa sua.
La difficile partita per la ricostruzione di un’alleanza seria e vincente potrebbe iniziare proprio dal risultato romano, ma prima la Meloni deve risolvere i non pochi problemi interni. Il suo volo è infatti appesantito dal pessimo risultato di FdI nelle grandi città: a Milano, Torino, Napoli il partito ha raccattato numeri minimi, persino imbarazzanti. La marginalizzazione della destra nelle metropoli — un dato che contrasta con i buoni, ma purtroppo ininfluenti, risultati in periferia — pone un problema urgente di personale politico e di programma.
Giorgia Meloni è ad un bivio: o riesce a imporre ai suoi riottosi e usurati dirigenti un passo indietro e offrire un progetto capace di interessare i blocchi sociali di riferimento (ceti produttivi, partite IVA, piccola e media imprenditoria), oppure deve rassegnarsi ad un ruolo subalterno e minoritario, inutilmente protestatario. Servono idee e coraggio.
Giorgia Meloni si è fatta usare da Salvini nella ssua personale guerra a Berlusconi per la leadership del centro destra. Il Salvini che ha Roma (dove non aveva voti) ha voluto lo scontro, si è poi alleato col mondi intero a Milano dove aveva voti e dove c’è possibilità di vincere e spartire potere. Possibile che Giorgia sia così ingenua? E’ stata una pedina di una lotta altrui. Fosse arrivata al balottaggio, chissà, forse ci sarebbe stato un ritorno per il partito. Ma così… ora ripiega bandiere ed insegne e va in panchina. FdI in tutta Italia ha fatto risultati molto bassi, mentre la Lega è cresciuta… complimenti.
La Meloni ha fatto l ‘unica scelta possibile. A nulla sarebbe valso vincere con un marchini che nulla ha di destra o con il confuso Bertolaso. Ha di spiegato le sue bandiere ed ha vinto la ennesima battaglia del sangue con tr o l’oro. Bisogna almeno rend er le il merito di aver consentito una pre se n a impo t ante di destra nel panorama politico. I risultati nel resto d’Italia non sono brillanti. Occorre scrollarsi da una alleanza equivoca e ormai orientata al centro e proporre agli italiani un programma netto e radicale per riconquistare dignita e sovranita nazionale e la difesa della nostra produzione e de l nostro lavoro. So lo dopo potremo guardare ad alleanze con altri partiti, dopo aver ricresto la destra. e