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Se Saipen Eni sveste i garanti del debito residuo

di Francesco Marotta
1 Febbraio 2013
in Il punto
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Se Saipen Eni sveste i garanti del debito residuo
       

 

Recentemente si parla spesso delle grandi aziende italiane e della loro salvaguardia. La saga dell’Eni è costellata di accadimenti dalle inequivocabili venature sin dai tempi di Enrico Mattei. Un dossier redatto da alcuni burocrati inglesi dell’epoca, è rivelatore di quanto il cane a “sei zampe” disponesse della facoltà di adoperarsi sul mercato internazionale senza essere sprovvisto di un pedigree indipendente; la Gran Bretagna temeva l’autosufficienza energetica e dagli archivi segreti inglesi, messi a nudo tre mesi prima della tragica sciagura dell’incidente aereo di Bascapè, ( 27 ottobre1962) da Mario J. Cereghino, gettano un’ombra sull’azione di disturbo del ministero degli esteri britannico. La minaccia numero uno era l’Eni e le sue caratteristiche di sviluppo, dalle Colonne d’Ercole alla Patagonia. Se l’Italia dimentica l’Eni (e Mattei), come in un precedente articolo che abbiamo pubblicato l’8 giugno 2012, Bank of America Merrill Lynche, percorre rapidamente l’opera occidentale definita eversiva dal titolo del libro di Cereghino e Giovanni Fasanella “Il Golpe Inglese.”

 

La società controllata dell’Eni, Saipem, è messa a nudo. L’azienda attiva nella prestazionie dei servizi per le attività estrattive ha lanciato il suo grido di dolore. Dall’anglicismo corrente un annuncio relativo a un dramma: profit warning, discesa libera degli utili comunicato agli azionisti ed agli investitori. Questa volta il comunicato pare la trama del celebre cortometraggio Flying Padre di Stanley Kubrick. Peccato che in questa versione rivisitata, il Piper Cub guidato da Padre Fred Stadtmuller, non è adibito ad ambulanza ma predisposto a viaggi transoceanici, diretto alla sede di New York della decima banca d’America per estensione nell’apparato scenico del mercato finanziario. Il titolo di Saipem, cuore pulsante delle borse ondivaghe, è trafitto dal drastico crollo imposto dalla società dei profitti, cessando quasi di battere intorno al 35% delle quotazioni borsistiche. Capitalizzare a volte è sinonimo di premura, perire per mano del Capitale: è difficile scorgere le sottigliezze per nulla improvvisate del sistema bancario. Difficile ma non impossibile, dato che Bank of America Merrill Lynche nella fretta di vendere una cospicua quota delle azioni di Saipem, guarda caso il giorno prima dell’annuncio riguardante lo stato di salute dell’azienda, sia caduta in dimenticanza senza spegnere i riflettori a fine spettacolo.

 

Una fortuna insperata per la Consob. La quale, invece di vedere buio, per buona sorte solo in parte, vede chiaro e decide di mettere in disparte la “cultura del sospetto” escludendo ogni minimo cedimento. A pensar male non sempre si sbaglia e quanto emerso è peggio di un’ipotetica deduzione sui principi sovrani dei derivati. La mattina di lunedì 28 gennaio la banca americana rende noto un riposizionamento relativo agli investitori ufficiali di 9,97 milioni di azioni Saipem. Corrispondente al 2,3% del capitale, pari all’equivalente di 315 milioni di euro. L’operazione non è passata in secondo piano. Gli operatori finanziari per una volta sono vittime anche loro dell’azione costrittiva delle grandi banche, vedendosi diminuire il valore dei loro investimenti a causa del crollo. Una manovra di Bank of America effettuata quando una singola azione della Saipem aveva un valore di mercato superiore ai 31/32 euro, discendendo poche ore dopo a meno di 20.

 

L’oggetto della questione pare essere esclusivamente la conoscenza anticipata del crollo degli utili della consociata di Eni. Da un’apparente sconsideratezza, invece, la certezza della mancanza di riforme riguardanti l’uso del capitale, mirate alla salvaguardia delle imprese di punta in campo internazionale e del lavoro. L’affondo e il rovesciamento di posizioni dirette a Saipem è un attacco ad Eni. Perlomeno, un tentativo regresso delle medesime dinamiche, in essere già nei primi anno 60, maggiormente accentuate con l’ingresso dell’Italia all’interno dell’UE e di una possibile azione di disturbo; incentrata molto probabilmente a discreditare l’azienda fondata da Mattei e a ridurne la credibilità economica finanziaria, la profondità del fare italiano in Europa e in ambito internazionale. Il potere degli istituti di credito e dei mercati finanziari comunica con la stessa lingua. Alain De Benoist, scrittore, giornalista e conferenziere, afferma che “affidare la gestione degli affari pubblici ai rappresentanti di Goldman Sachs e Lehman Brothers, è stato come mettere a capo dei pompieri i responsabili dell’incendio.” Un’esortazione alla valorizzazione dei punti di forza d’Italia che non può non passare dal rafforzamento dei propri territori e successivamente, concepire l’ingresso di stati dell’ex blocco sovietico nell’EU, come un ampliamento delle legittimazioni occidentali e atlantiche. L’Italia e il continente europeo devono essere riconsiderati sotto un’accorta lente di ingrandimento. Il caso della Saipem tratteggia la figura simbolica dell’inasprimento della competizione del libero scambio globale. La salvaguardia delle attività produttive e la partecipazione per lo sviluppo, accogliendo finalmente una proposta giudiziosa pervenutaci dal Centro Nazionale Studi CESI, ( http://centrostudicesi.it/) appello ai candidati nelle elezioni che si svolgeranno il 24-25/02/2013 per: “ Un patto per la partecipazione ” sono realizzabili. Porsi in conflittualità diretta con il sistema legittimato dall’alta finanza e dell’economia speculativa è un obbligo incalzante. In attesa di altre “indicazioni per recapito” alle eccellenze italiane, attendere, significherebbe consegnare la politica e la cultura al solito mittente. Garante del debito residuo.

Tags: Alain de BenoistENIEnrico MatteipetrolioSaipem
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