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Home L'Editoriale

Si avvicina sempre più la post democrazia

di Maurizio Bianconi
20 Gennaio 2021
in L'Editoriale
0
Auguri e addii per l’anno che verrà

 

 

 

 

I commenti sul voto di fiducia al governo Conte 2, sono più o meno le stesse. Anche se declinati in modo spesso opposto. Ricordano la famosa rubrica della rivista satirica Candido “visto da destra e visto da sinistra” con i due punti di vista firmati da Caesar e Spartacus. Non mi pare che ci sia bisogno di un’ulteriore aggiunta al coro. 

Registro il livello largamente insufficiente della qualità del dibattito, specchio della qualità dei parlamentari. Segnalo il tono sbagliato, verboso ridondante e didascalico di chi non conosce i ritmi verbali della politica, negli interventi di Giuseppe Conte. Interventi che evocano per promesse e megalomania scisse dalla realtà, le ben più tragiche iperboli di Adolf Hitler che dislocava divisioni che non aveva, ordinava avanzate impossibili, prometteva l’arma segreta.  E in guisa molto più consona ricordano da vicino gli sproloqui non privi di criptoverità di Cetto Laqualunque.

Dinanzi ai comizi dell’opposizione si è vista confermata in tutto il suo spessore l’assenza di alternative convincenti. Non si rappresentano alternative rassicuranti se si predicano soltanto elezioni anticipate, a cui neppure i richiedenti credono e non si propongono strategie   — economiche e sanitarie — credibili e comprensibili.

Lo spunto più corposo lo fornisce il voto favorevole di Mario Monti. La visione generalmente introflessa della politica nazionale ha impedito la valutazione di quel voto, che ha un significato chiaro. La post democrazia finanziaria ritiene opportuno mantenere in vita questo governo. Ancora non c’è il clima di rassegnazione necessario per accettare il commissariamento del paese. Ancora si può lavorare nello screditamento delle istituzioni, nella dissoluzione dell’autorevolezza dell’esecutivo.

Un altro indizio che la scelta sia questa proviene dal Quirinale. Sergio Mattarella si è rimpiattato. Non ha esercitato quel minimo di discrezionalità per evitare a Giuseppe Conte e al governo un’umiliazione difficilmente cancellabile. Non ha neppure salvato la dignità delle istituzioni facendo venir fuori il peggio del peggio della democrazia parlamentare. Tutto a arte, nello stesso senso del voto di Mario Monti. Lo stesso senso governa la decisione — diversamente incomprensibile —di astenersi di Matteo Renzi. È chiaro che costui ha aperto e apparentemente chiuso una crisi così come era stato pensato in precedenza.

Ultimo ma non ultimo il contributo di Silvio Berlusconi, da tempo arruolato dalla post democrazia. Non solo non è possibile, ma è inconcepibile che la senatrice che ha derogato alle indicazioni di partito lo abbia fatto senza un ordine espresso di Silvio Berlusconi. I due dovrebbero conservare un legame che preveda che l’una farà sempre, finchè vi sarà vita, quello che l’altro chiede.

 

Si è deciso di ridurre ai minimi termini la capacità del governo e ognuno ha fatto la sua parte. La scelta di far sopravvivere il Conte 2 e di indebolire ancora di più le istituzioni, rammenta quello che fecero gli spagnoli quando morì Francisco Franco. Lo misero letteralmente in ghiaccio perché non si decomponesse, dichiaravano la sua sopravvivenza e preparavano il sistema e il popolo al cambiamento. Là ci vollero 35 giorni. Qua forse un po’ di più.

Lo scopo è chiaro. Si indebolisce il già cagionevole governo e lo si lascia infradiciare in modo irrimediabile. L’Italia non otterrà per sua responsabilità i recovery fund.  V’è la convinzione che ne farebbe pessimo uso. Oppure che i fondi saranno gestiti da un governo postdemocratico per i fini per i quali sono stati erogati: omologare il paese alle direttrici di sviluppo UE.

Chi presiederà quel governo è secondario. Chi lo sosterrà è noto. 

Tags: Giuseppe Conte
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