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Home L'Editoriale

Un governo targato G7, un Paese a sovranità limitata

di Marco Valle
29 Agosto 2019
in L'Editoriale
2
Un governo targato G7, un Paese a sovranità limitata

Non è la fine del mondo, non si tratta dell’Armaggedon. È solo una italianissima porcheria. Il Conte bis si riduce e risolve in un maleodorante intruglio tra professionisti della politica (cinici quanto basta) e una pletora di arrivisti di provincia: la “ditta” post-comunista e il liquame grillino. Almeno apparentemente.


Al di là delle sghembe capriole parlamentari e delle innumerevoli figuracce (Oscar a Zingaretti e Di Maio…), vi è infatti altro, ben altro che inquieta e preoccupa. Mentre qualche idiota brinda alla “democrazia ritrovata” e un centinaio di figuranti accarezzano i loro pericolanti scranni, in altre sedi (non italiane) si ragiona, si indirizza, si decide sull’avvenire non luminoso del Patrio Stivale, su un’Italia nuovamente normalizzata e “sotto controllo”.


Fantasie, paranoie, complottismo? No. Tutto è talmente chiaro e persino sfacciato che Massimo Giannini, ex vicedirettore di Repubblica, non ha avuto remore a rivendicare su La7 di Urbano Cairo (altro personaggio da osservare con attenzione…) la legittimità delle manovre internazionali e i limiti della nostra “sovranità limitata”. Alla domanda del conduttore sulle interferenze, il giornalista ha candidamente risposto: «diciamolo chiaramente un ordine mondiale esiste. Sono le esecrate élite? Sono i tecnocrati? Chiamiamoli come vogliamo. Tutto quello che rappresenta una minaccia viene guardato, dalle cancellerie e dalle tecnostrutture, con qualche preoccupazione». E ancora. «Salvini era una minaccia a questo ordine costituito. Era una minaccia democratica per l’Italia, mentre per l’Europa era una minaccia perché rimetteva in discussione tutta una serie di certezze, giuste o sbagliate che siano, che erano state acquisite nei decenni». Olè!


Purtroppo Giannini ha ragione. Purtroppo Salvini ha avuto torto. Dopo aver lanciato le sue sfide (più di facciata che di sostanza, come abbiamo scritto in questi mesi) alle élite transnazionali, l’ex ministro degli Interni, piuttosto che attrezzarsi adeguatamente per la partita in atto, ha preferito scarrocciare tra il Papeete e le piazze, le caserme e i social. Sottovalutando, minimizzando, scherzando. I risultati sono noti.


A ben vedere nulla di nuovo. Nel rovinoso inciampo salviniano ritroviamo la medesima superficialità, miopia e velleitarismo che hanno contraddistinto le precedenti stagioni governative del centrodestra: splendide vittorie elettorali consumate da prassi minimaliste, proclami roboanti seguiti da penose genuflessioni. E in più la totale incapacità di sviluppare una politica estera autonoma, degna di una media potenza quale dovremmo essere, e di una visione articolata degli equilibri internazionali.


Un piccolo passo all’indietro. Ogni volta che si è osato deragliare dai binari fissati dagli “alleati”, subito è arrivato un durissimo richiamo all’ordine. Ricordate i sorrisetti di Sarkozy e della Merkel? Ricordate l’aggressione alla Libia? Ricordate i diktat di Bruxelles? Una serie di spinte che hanno travolto il più attrezzato Berlusconi e che Salvini e i suoi consiglieri non hanno considerato, sperando probabilmente che il portentoso successo alle Europee fosse una coperta sufficiente per andare al redde rationem con l’infido Conte e il ridicolo Di Maio in una partita tutta domestica. Illusioni. In piena crisi il primo ministro sfiduciato non ha perso tempo ed è volato al G7 di Biarritz dove ha pietito la sua causa raccogliendo le benedizioni dei “grandi”: Merkel, Macron e Trump (l’icona sovranista d’oltreoceano…). In poche ore l’oscuro avvocato pugliese si è trasformato in uno “statista” illuminato. Il PD — da sempre funzionale agli interessi stranieri — ne ha preso atto e si è subitamente adeguato ai voleri dei suoi potenti referenti.


Conclusione? Il “sistema” evocato da Giannini è un complesso di poteri raffinato, potente quanto spietato. Pensare, immaginare di potersi opporre all’ordine mondiale blaterando di sovranità, trimpellando (talvolta con compagnie imbarazzanti…) nelle anticamere di Washington o Mosca o passeggiando a Gerusalemme e Budapest è semplicemente ridicolo come lo sono gli appelli alla piazza dei propri tifosi o le petizioni sui social. Per Salvini (e la maggioranza degli italiani) inizia ora una nuova, amara traversata nel deserto. Speriamo possa essere l’occasione per iniziare a riflettere sull’essenza e i rischi della Grande Politica.

Tags: Giuseppe ConteMassimo GianniniMatteo Salvini
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Commenti 2

  1. LAURENTIUS says:
    2 anni fa

    È la verità. Purtroppo. Aggiungo che ho incominciato a rileggere un libro illuminante di Jacques Ellul, L’illusion politique, Le Petit Vermillon. Non è davvero il caso di continuare a illudersi. Appunto. L’unico imperativo, al momento, è CAVALCARE LA TIGRE.

    Rispondi
  2. Antonio de Felip says:
    2 anni fa

    Caro Marco, hai ragione, indubbiamente ragione. Paghiamo la nostra incapacità di sempre di creare un “sentire culturale” alternativo. I liberal-comunisti hanno occupato tutte le agenzie “datrici di senso”: giornali, televisioni, radio, case editrici, premi letterari, mostre librarie, scuole, università, star system (dimentico qualcosa? San Remo e le canzonette?). Una strategia di riconquista dovrebbe prevedere la costruzione di un sistema alternativo (giornali, radio, riviste, case editrici etc.) e, contemporaneamente, la graduale conquista dei “Palazzi d’Inverno”.
    Però, però: tu vedi nel nostro mondo gli uomini, i mezzi, le intelligenze, le idee? Io no. Forse quello che possiamo fare è una sorta di guerriglia politico-culturale: qualche buon sito, qualche nuova casa editrice (sì, questa è la buona notizia: sorgono come funghi e qualche volta pubblicano anche buoni libri, però lo stesso capitava anche negli anni ’70, ’80, ’90, 2010…), qualche buon mensile identitario e sovranista, qualche nuovo autore, qualche quotidiano occasionalmente non ostile. E che il tutto, lentamente, cresca e si sviluppi. Non speriamo in una “penetrazione culturale” in Fratelli d’Italia e nella Lega. Sono antropologicamente refrattari. Quante volte ci abbiamo tentato? I pessimisti possono chiamare tutto ciò “minimalismo tattico”, gli ottimisti eroici e retorici “tenere accesa la fiaccola fino all’alba”. Io, allo stato, non vedo alternative. Purtroppo. E tu?
    Antonio de Felip

    Rispondi

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