L’emergenza sanitaria ed economica ha inoculato nel linguaggio comune gli anticorpi della responsabilità e dell’unità. Panegirici appassionati, agiografie contemporanee e lodi giubilanti si susseguono a ritmo serratissimo, si assembrano, estenuandosi e svuotandosi di qualsiasi aderenza al reale. Nel mentre si recitano a memoria catilinarie contro il nemico di turno, reo di avere disertato i ranghi della narrazione unica e di avere sollevato timide riserve a un piano omologante poggiato sul livellamento critico e sul manicheismo etico. L’ortodossia prassistica diviene incapace di trascendenza, inquinata dall’idolo dell’utilitarismo più abietto e meschino. Si smarrisce il senso dell’umano storicamente determinato, assistendo al progressivo oscuramento di quell’orizzonte che solo abilita la persona a scelte libere e consapevoli.
I pur lodevoli appelli al dialogo e alla collaborazione, nei molteplici e differenti ambiti della società, non devono, tuttavia, infilare i corridoi dell’impoverimento democratico, della cessione di prerogative sovrane legittime, in nome di ambizioni e interessi terzi, compostando e amalgamando boli altrimenti indigeribili. La filosofia non deve cedere il passo alla sofistica.
Il pensiero divergente si accompagna al pensiero creativo. Ogni forma di deduzione necessita di buone induzioni, così come l’evoluzione lenta e graduale non disdegna il soccorso di eventi inattesi in grado di favorire balzi nell’essere quanto nel pensiero. L’amore per la pace, l’impegno profuso nella costruzione di un’autentica società dei diritti, non passa attraverso un pacifismo prebabelico, a rinunce valoriali o al nascondimento di questioni dirimenti essenziali. L’indifferentismo politico è esiziale e pernicioso per la gestione della nostra nazione. Avremmo bisogno di una rinnovata alleanza tra la politica e il popolo, non di un compromesso al ribasso tra forze spesso incerte e litigiose.
Che ben venga, allora, il coraggio della coerenza, l’attaccamento, persino intransigente, alle proprie convinzioni, al proprio passato e alla parola data, soprattutto quando codeste disposizioni d’animo comportano enormi fatiche nell’esercizio solitario e quotidiano del pungolo e dello stimolo, a favore del dibattito democratico. Agli intrepidi discendenti di Attilio Regolo, i racconti postumi renderanno merito e giustizia.
Ottima esposizione sebbene in maniera molto più lucida e raffinata ha interpretato anche il mio pensiero.
Grazie per il gentile commento.
Luca Bugada
Interessante riflessione sulle declinazioni di un pensiero che se univoco perde la propria eterogenea ricchezza dialogante.
La ringrazio per l’intelligente considerazione.
Luca Bugada
Bello citare Attilio Regolo, troppo poco considerato e raccontato, a mio avviso, dalla storiografia romana e sconosciuto ai più. Grazie.
Lo studio delle vicende antiche è un viatico di conoscenza anche per la comprensione degli eventi contemporanei.
La ringrazio per l’apprezzamento.