Tranquilli, non stiamo affermando che la migrazione dei popoli e quindi gli sbarchi sono un fenomeno epocale inevitabile. Tutt’altro. I fenomeni migratori sono evitabilissimi, basta semplicemente garantire il rimpatrio come fa l’Australia o dirottare i migranti verso altri Paesi (extraeuropei) come fa la Danimarca.
Negli ultimi dodici anni, la povertà assoluta nel mondo si è dimezzatae la situazione delle guerre nel continente africano è assai migliore di quella degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta dove due terzi del continente nero era in guerra, una fazione finanziata dagli americani e un’altra dai russi (ricordate i consiglieri militari cubani che pullulavano nei vari stati africani?). Eppure, in una situazione infinitamente peggiore di quella attuale, non sbarcava un solo africano sulle nostre coste. Questo perché (semplicemente) le nostre leggi non lo permettevano. Chi lo avesse fatto, sarebbe stato considerato un clandestino, trattenuto e rimpatriato. Il tutto nel rispetto della Costituzione, visto che nessuno, a suo tempo, ventilò profili di incostituzionalità. La risoluzione del problema, sembrerebbe quindi molto facile: tornare allo status quo, abolendo le leggi successive al medesimo. Non è così facile per via di alcuni elementi che andiamo ad elencare.
Magistratura e Corte Costituzionale
Un aspetto che colpisce sull’emanazione di leggi molto restrittive in materia di immigrazione da parte della Danimarca è che né magistratura né Corte Suprema (l’equivalente della nostra Corte Costituzionale) le ostacola. Ad esempio, la legge danese prevede che l’immigrato dopo aver presentato domanda d’asilo venga trasportato verso un Paese d’appoggio fuori dalla comunità europea dove resterà nel caso la domanda venisse accettata. Se invece la domanda venisse respinta l’extracomunitario verrà rimpatriato nel suo Paese d’origine. Quindi, in ogni caso, non entrerà in Danimarca. Possiamo immaginare cosa succederebbe in Italia: la Corte Costituzionale scorgerebbe “profili di incostituzionalità”, mentre la magistratura obbligherebbe, tramite sentenze varie, ad accogliere comunque l’extracomunitario di turno sul territorio nazionale (a questi organi e sulla stessa linea, va ovviamente affiancato il TAR). Questo perché la discrezionalità dei magistrati, che dovrebbe limitarsi alla scelta del periodo di pena, in Italia è stata stravolta nella sua essenza fino a dare al magistrato di turno la possibilità di stravolgere la stessa legge in quelli che sono i suoi principi iniziali. Perché in Danimarca non succede?
La nostra risposta è che la Danimarca, al di là di quello che è l’ordinamento legislativo in materia di discrezionalità (sicuramente diverso e più coerente del nostro), è…una democrazia. Il parlamento, in base alla volontà popolare che lo elegge, vara una legge e le altre istituzioni a quella volontà si adeguano, indipendentemente da quali siano i loro principi ideologici. La Meloni, come i suoi predecessori di destra, non ha mai posto questo problema agli italiani e tantomeno sta provando ad agire in questo senso. Sapete che la discrezionalità dei magistrati è una voce del codice penale e non della Costituzione (che tratta dell’indipendenza della magistratura)? Questo significa che potrebbe essere pesantemente limitata, se non addirittura cancellata da un qualunque governo di maggioranza, cosa che nessun governo di destra ha mai semplicemente ipotizzato (o perlomeno minacciato). Non solo. La discrezionalità della magistratura è da sempre oggetto di dibattito. Chi è contrario sostiene che le leggi vengono varate da un parlamento democraticamente eletto con un’opposizione che può contrastarle, mentre il magistrato è una singola persona, non eletta, per cui non è giusto che si dia a questa persona il potere della discrezionalità sulle leggi governative.
Quanto alla Corte costituzionale, mi sembra evidente che, in molti casi, la Costituzione più che “applicata”, viene “interpretata”, sempre da persone non elette. Un esempio è dato dall’Articolo 3regolarmente citato quando si tratta di discriminazione nei confronti degli extracomunitari che recita nella prima parte: “Tutti i “cittadini” hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Ho evidenziato la parola “cittadini”in quanto per cittadino si intende, Treccani (online) alla mano, in primis, l’abitante di una città oppure: “Si chiama cittadino anche chi appartiene a uno Stato (cioè a una comunità politica, a una nazione), e per questa sua condizione è soggetto ad alcuni doveri e gode di alcuni diritti (essere c. italiano, inglese; i cittadini stranieri furono invitati a rientrare in patria). Gli esempi sono significativi: cittadino italiano o inglese e cittadini stranieri. Da cui l’Articolo 3 della Costituzione è riferito, direi in maniera semanticamente evidente, esclusivamente ai cittadini italiani. Se andiamo all’Articolo 19relativo alla libertà di culto, leggiamo: “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”. Qui, non appare la parola cittadini, per cui lo straniero residente o turista in Italia è libero di professare la propria religione. Significativo che nessun governo di destra abbia mai, perlomeno posto il problema dello strapotere della Corte Costituzionale (bocciare qualsiasi legge o riforma scorgendovi profili di incostituzionalità) di fronte ai cittadini.
Imperativo morale e il dominio dell’inconfutabile, ma non vero
In nessun caso, puoi anteporre l’interesse dei tuoi connazionali a quello degli stranieri, mentre è consentita, se non auspicabile, l’operazione inversa. Nel nostro e in altri Paesi europei questo è il dogma inappellabile, l’imperativo morale che impone l’establishment. Negli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, una simile affermazione sarebbe stata presa per quello che è, ovvero un’affermazione scandalosa e inaccettabile. Non che oggi venga accettata, anzi tutt’altro, ma si è creata una realtà parallela dove vige una logica, in particolare la logica del bene e del giusto nonché dell’intelligente, basata su quello che Karl Popper chiamava “l’inconfutabile, ma non per questo meno falso” (Congetture e confutazioni).
Alcuni esempi: 1. Opporsi all’immigrazione significa mancanza di solidarietà verso persone che arrivano da condizioni di miseria estrema. Incontestabile, ma, nel contempo, non vero in quanto è evidente che la soluzione ai problemi di circa due miliardi di persone che vivono nell’indigenza non è accoglierli tutti in Italia, o in Europa (spopolando tra l’altro un terzo del globo terrestre), senza contare che un Paese con un indice di disoccupazione del 7,8% non è in grado di offrire un lavoro agli immigrati che quindi andrebbero a gravare su un sistema sociale già di per sé in crisi.
2. Negare l’assistenza sanitaria a chi non è cittadino italiano è un inumano atto di discriminazione. Incontestabile, ma, nel contempo, non vero in quanto, come stiamo sperimentando, l’apertura del sistema sanitario a milioni di persone straniere che, causa mancanza di lavoro, non possono contribuire alle spese del medesimo, non può che portare al suo collasso.
3. Lo slogan “Prima gli italiani” è un atto discriminatorio, non solidale se non addirittura razzista. Incontestabile, ma, nel contempo, non vero in quanto, per i motivi succitati, non è possibile, ad esempio, dare a chiunque metta piede in Italia, come vorrebbe la UE, un reddito di cittadinanza (o almeno ciò che ne resta) perché significherebbe automaticamente…l’abolizione del medesimo per tutti causa mancanza di fondi. Anche qui, la destra tentenna, incapace di una posizione decisa che potrebbe riassumersi nello slogan: “Prima la logica”.
La vicenda di Cutro mette ancor più in evidenza la debolezza del governo incapace di distinguere tra la tragedia di un naufragio e la lotta a un’immigrazione indiscriminata. Si tratta di due elementi diversi. Da un lato, un naufragio come ne accadono in continuazione nel mondo; non solo barconi di extracomunitari, ma pescherecci, navi da crociera, traghetti nonché yacht o barche da regata di miliardari. Dall’altro lato, il problema di un’immigrazione incontrollata che andrà a minare le fondamenta del nostro sistema.
Cutro, a seguito di una martellante propaganda, ha unito le due situazioni. Opporsi all’immigrazione significa far naufragare i barconi dei migranti, anche se, in realtà, è esattamente l’opposto: più pratichi l’accoglienza indiscriminata, senza timori di rimpatri, più barconi arriveranno con il rischio di naufragi aumentato. Risulta evidente la debolezza e l’indecisione dell’esecutivo e dei suoi ministri di fronte al naufragio di Cutro. È mancata la determinazione nell’affermare con decisione che la linea dell’esecutivo in tema di immigrazione non subirà variazioni, anzi, abbiamo addirittura avuto un cambio di indirizzo da parte del medesimo. Dalla lotta all’immigrazione e la promessa di rimpatri in primo piano, si è passati alla solerzia nei salvataggi e all’impegno perché i migranti vengano ridistribuiti in tutta Europa (col risultato di un aumento esponenziale degli sbarchi, visto che il governo di destra…non fa più paura, anzi). Impegno ovviamente vano perché se un qualsiasi governo europeo accettasse regolarmente migliaia di migranti dall’Italia, crollerebbe immediatamente nei sondaggi. Pensate a una situazione di segno opposto: la Meloni si dichiara pronta ad accogliere migranti (a migliaia, se non decine di migliaia) dalla Francia o addirittura dalla Turchia e poi calcolate di quanto scenderebbe nei sondaggi il giorno dopo.
Nel contempo, si mette in secondo piano l’ondata di stupri e crimini da parte di extracomunitari, alcuni dei quali magari salvati dal pronto intervento della guardia costiera, nonché pluripregiudicati e (regolarmente) non rimpatriati. La legge naturalmente prevede il rimpatrio, ma, per i succitati motivi, l’applicazione della medesima viene ostacolata da eventuali…discrezionalità. Qui, lo slogan da adottare era piuttosto facile: “Prima li salviamo e subito dopo li rimpatriamo”. Il condizionamento psicologico “contrario agli sbarchi = procuratore di naufragi”ha, per ora, condizionato un po’ l’elettorato di destra, ma, come tutto ciò che è artefatto (e illogico) durerà pochissimo e allora i sondaggi cominceranno a calare vistosamente, anche perché, tra l’altro, di tolleranza zero verso la criminalità se n’è vista ben poca, come di riforme liberali per favorire le partite IVA e l’iniziativa privata in genere.
È evidente, che se non affronta i succitati ostacoli, nessun governo di destra è credibile nei suoi intenti contro l’immigrazione. Avremo solo gesti sporadici (blocco di una nave ONG) prontamente rintuzzati dalla magistratura (sblocco degli sbarchi dalla precitata ONG) o leggi, magari efficaci, ma prontamente bocciate dal…profilo di incostituzionalità.
A questo punto…che fare? Si potrebbe cominciare con l’abolizione della legge Mancino, non fosse altro che per motivi di coerenza. Ricordate le durissime reazioni della destra quando era all’opposizione? Legge liberticida, anticostituzionale e quant’altro? Allora, ci chiediamo, perché, quando era all’opposizione faceva fuoco e fiamme su questa legge, mentre, tutte le volte che è stata al governo, la destra non l’ha abolita? Almeno, contro l’immigrazione, ci si potrebbe opporre…a parole.