Recentemente abbiamo assistito a forti polemiche contro il partito di Giorgia Meloni, accusato di tollerare fascisti al suo interno o quanto meno non antifascisti. Come ha spesso ripetuto la leader di Fratelli d’Italia, queste campagne iniziano e si chiudono sempre in prossimità di qualche tornata elettorale, per demonizzare un’area politica impedendole di esprimere quanto può proporre di utile nel dibattito politico attuale. Non sono mancati colpi bassi e abusi mascherati da un sedicente giornalismo d’inchiesta.
Il problema però torna sempre e spesso quando si cerca di ripagare gli avversari con la stessa moneta, ci si sente rispondere più o meno così: “Sì è vero, il comunismo in altri Paesi sarà anche stato un sistema liberticida e totalitario che ha causato decine di milioni di morti, terrore e povertà, ma in Italia no…”. Insomma una difesa davvero flebile ma la sfangano così, tuonando che il comunismo italiano avrebbe scritto la Costituzione Antifascista.
Invece la Costituzione fu un compromesso tra diverse teorie politiche e per nulla può essere dichiarata come comunista, il “comunismo” in Italia NON HA SCRITTO LA COSTITUZIONE, semmai ed in parte, essa fu scritta anche da esponenti comunisti. Anche se i comunisti italiani nell’ultimo secolo non avessero torto un capello a nessuno, è come immaginare che siccome nessuno morì di peste in un qualche luogo scampato per miracolo, allora in quel luogo la peste è cosa buona. Come dire che la camorra in Nuova Zelanda ci può stare, dato che mai in Nuova Zelanda la camorra ha fatto del male a qualcuno.
Il “comunismo” comunque, ANCHE IN ITALIA si è macchiato della sua buona parte dei crimini delle guerre civili del ’19-’22, del ’43-45 e degli Anni di Piombo. Se proprio si insiste nel dire che “il fascismo non è un’opinione ma un crimine”, il comunismo davanti alla Storia è crimine ben peggiore e non è che il liberal-capitalismo se la passi poi tanto meglio.
Un tema assai caro ad una parte politica ben precisa, un tema sempre verde, è dunque quello del ricatto antifascista permanente. Ovviamente strumentale ma una qualche legittimità tattica ce l’ha. Se i DS (oggi PD e già PDS e PCI), partito erede del comunismo italiano tolse nel 1998 il simbolo della falce e martello mentre Fratelli d’Italia conserva ancora la fiamma tricolore che fu del MSI, mi chiedo se a questo ricatto bisogna rispondere sempre sfuggendo come se non si avessero argomenti, facendo così il gioco dell’avversario e mi rispondo in modo negativo.
I vari Formigli, Landini, Fusani, Annunziata e galassia sinistra non temono affatto che possa tornare davvero il fascismo ma hanno un ossessivo bisogno di rievocarlo costantemente e vi dico perché. Il primo motivo è di natura psicologica. Lorsignori sanno benissimo che né fascismo né comunismo andranno al potere in Italia, ma sanno pure che il fascismo il Suo ventennio ce l’ha avuto mentre il comunismo non solo non ha mai avuto il Suo, ma non ce l’avrà mai. I comunisti sono dal 1946 nella legalità costituzionale solo perché seguirono uno dei Paesi vincitori della guerra, ma sconfitti nuovamente nel 1948 dalla maggioranza degli italiani, non avranno, e dal 1922 non avrebbero, mai più fatto la storia d’Italia. Poi caddero il Muro, l’URSS e Achille Occhetto chiuse il PCI. In sintesi, se il fascismo non tornerà più, il comunismo non è mai arrivato.
La cosa è davvero frustrante e quindi lorsignori non fanno altro che gridare questo loro disagio, questa frustrazione inappagabile, appena attenuata dalla celebrazione di una “liberazione” che sanno bene non essere stata opera loro. Ecco perché sotto diverse forme da 76 anni si sentono dentro una guerra civile che devono ancora vincere. I fascisti degli Anni trenta invece non sentivano affatto il bisogno di demonizzare l’antifascismo sconfitto.
Poi c’è il secondo motivo, quello più vile. A chi giova prendersela ancora col fascismo abbattuto 76 anni fa da una guerra mondiale e (ci si consenta) non dalla Coca Cola ? A chi giova distrarre l’attenzione dai veri poteri attuali per dirigerla verso i fantasmi o le frustrazioni del passato? Gli antifascisti in assenza di Fascismo, sappiamo che non porteranno il comunismo al potere e che non avrebbe senso organizzare contro di essi manifestazioni anticomuniste, più ridicole di loro stessi. Si sono sciolti nel conformismo più pigro verso l’accettazione di qualsiasi progetto globalista. Essi sono ormai da tempo gli utili idioti del peggior capitalismo mai esistito dai tempi di Karl Marx.
E la “Costituzione antifascista”? Se i Padri Costituenti avessero voluto dichiarare che quella italiana è una Repubblica Antifascista, vi sarebbe stato un articolo chiaro ed esplicito che invece non c’è. Fatta eccezione per l’art. 3 sulla uguaglianza dei cittadini che è in diretta antitesi con le leggi razziali del 1938 più che col Fascismo in sé, complessivamente la nostra legge fondamentale è sostanzialmente antimonarchica e antirazzista, siccome democratica certamente antitotalitaria più che antifascistatout court. Semmai è afascista e pure con diversi punti, chiaramente derivati dal passato, che furono parte integrante del sistema fascista specie se si confronta con il programma di piazza Sansepolcro del 1919, con la Carta del lavoro del 1927 o in parte col Manifesto di Verona del 1943.
Gran parte del nostro sistema giuridico e di economia mista finito nel 1992 era stato inaugurato negli Anni ’30. Addirittura è stato il sistema politico del dopoguerra ad allontanarsi talvolta dal dettato costituzionale. L’importanza che la Costituzione dava al CNEL si fonda su un parziale recupero del corporativismo fascista, mentre la previsione del riconoscimento dei sindacati come persone giuridiche ricorda una sorta di supremazia dello Stato su di essi. Disposizioni mai attuate. Consiglio vivamente la mirabile rilettura delle riflessioni di Giorgio Almirante su tutti gli articoli della Costituzione italiana, usati addirittura come capi di imputazione contro il sedicente Arco Costituzionale in Processo alla Repubblica (ed. 1980).
Il timore che potesse riproporsi un sistema con un governo forte ha prodotto decenni di instabilità politica, grazie ad un parlamentarismo disfunzionale e a troppi livelli decisionali. È uno dei problemi più gravi che periodicamente si cerca di risolvere con le riforme delle istituzioni (Berlusconi nel 2009 e Renzi nel 2016 Quali sono le differenze tra la riforma di Berlusconi e quella di Renzi – Internazionale ), ma sempre fallite. Ed è un problema che deriva questo sì, da un complesso istituzionale anti-decisionista che risente del trauma del Fascismo, quando in realtà i Paesi che hanno meccanismi di democrazia decisionista (presidenziale, semipresidenziale o comunque premierati con sistema maggioritario) sono proprio quelli che mai hanno conosciuto i fascismi al potere come Francia, Inghilterra o USA. Idem riguardo al rapporto irrisolto tra politica e magistratura.
La sconfitta militare ha bandito la rifondazione del partito fascista dalla legalità costituzionale italiana del dopoguerra solo nella XII Disposizione Transitoria e Finale, ma non i gerarchi fascisti che già dopo soli cinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione potevano candidarsi legittimamente alle elezioni politiche.
Il Parlamento italiano ha abrogato la XIII Disposizione Transitoria e Finale consentendo il ritorno dei Savoia e, paradossalmente, con una maggioranza parlamentare semplice o qualificata potrebbe abrogare anche il divieto di rifondazione del partito fascista, ma non potrebbe mai più restaurare invece la monarchia (art. 139), né potrebbe farlo il “popolo sovrano” che ha potuto però votare in passato partiti monarchici, comunque considerati legittimi.
Insomma la Costituzione, non quella diventata slogan ma quella vera, in realtà è troppo poco antifascista per consentire a lorsignori tutto quello che vorrebbero fare, ossia colorare di fascismo qualsiasi cosa si frapponga tra loro e il pieno potere. Il Limes obbligatorio oggi per restare nella LEGALITÀ è rifiutare la violenza come metodo di presa del potere e di esercitarlo secondo lo Stato di diritto, per poi essere confermati o bocciati dall’elettorato. Punto. Accettando questo si è costituzionalmente legittimati come forza politica e se poi, evitando manifestazioni di fanatica apologìa dirette a sovvertire con metodi violenti l’ordine costituito, si hanno tra cittadini italiani idee e valutazioni diverse sul passato, con mille sfumature e distinguo, che ognuno resti libero di essere e di pensare quello che vuole.
Perché altrimenti tocca dare ragione ad Ennio Flaiano, quando diceva che in Italia i fascisti si dividono in due categorie: i fascisti e gli antifascisti.