Alex Lewis (Liam Neeson) è un sicario abile e preciso ma, nonostante l’apparenza, fragile: il morbo di Alzheimer lo sta spegnendo. Vincent Serra (Guy Pearce) è un coraggioso agente del FBI che dedica tutto se stesso a combattere la tratta delle minorenni fra il Texas e il Messico. I loro percorsi si incrociano quando Alex, per riscattare la sua vita da criminale, si ribella ai committenti, avendo scoperto che stanno coprendo con omicidi e omertà una rete di pedofili, su ordine di Davana Sealman (Monica Bellucci), potenza del mercato immobiliare texano e sedicente filantropa.
Remake d’un film belga (“The Alzheimer Case”, 2003) tratto da un romanzo (“De zaak Alzheimer”, di Jef Geeraerts), “Memory” è stato girato in Bulgaria nella primavera del 2021. Liam Neeson, che ha compiuto 70 anni lo scorso 7 giugno, è diventato, in seguito al grande successo di “Io vi troverò” (“Taken”: un film del 2007 nel quale interpreta un ex agente della CIA al quale dei trafficanti di prostitute rapiscono la figlia adolescente: la telefonata con la quale giura di sterminarli è diventata un “cult”) protagonista di film d’azione prodotti in serie e di conseguenza per lo più abbastanza anonimi. Montagna umana (alto più d’un metro e novanta, ex pugile e marine) dal volto scavato nella roccia e dalla voce cavernosa (ben resa dal suo storico doppiatore italiano, il romano Alessandro Rossi, noto al pubblico televisivo come il commissario De Zan, burbero superiore del volenteroso ma imbranatissimo “Ispettore Coliandro”), la star irlandese si presta bene a ruoli da “vigilante”: uomini maturi, segnati (nella vita reale Neeson stesso ha subito dei colpi terribili) e resi saggi dall’esperienza, spesso in soccorso di personaggi più giovani e inesperti (non per nulla in “Un uomo sopra la legge” ha interpretato un ruolo ispirato ai personaggi recenti del maestro del regista Robert Lorenz: Clint Eastwood).
Pur non lesinando scene di violenza, questa produzione seriale ha sempre uno spessore in più dei film prodotti intorno a divi d’azione (come quelli, ad esempio, d’un “nemico” giurato di Neeson, Steven Seagal). Non sempre Neeson (qui in una parte più difficile del solito, dovendo rendere lo spaesamento d’un uomo che si rende conto di non essere più forte, e trovandosi spesso a balbettare) è circondato da comprimari di rilievo (ma nell’ingegnoso “L’uomo sul treno” era affiancato da un supercast: Elizabeth McGovern, i “coniugi” di “The Conjuring” Vera Farmiga e Patrick Wilson, e soprattutto Sam Neill): qui però il coprotagonista (o meglio, la controparte buona del suo personaggio) è uno tra i migliori caratteristi di Hollywood, il sottovalutato australiano Guy Pearce (più spesso impegnato come “villain”).
Diretto appena benino da Martin Campbell (regista ma non autore: ha diretto gli esordi, nonché i rispettivi migliori episodi, di Pierce Brosnan e Daniel Craig nei panni di 007 – “Goldeneye” e “Casino Royale”; ma, a parte “Fuga da Absolom”, nulla di rilevante), “Memory” è un film al quale i difetti non mancano: la prevedibilità di molti “colpi di scena”, la sceneggiatura senza guizzi,, qualche sciocchezza (la facilità con cui Serra trova le confezioni di medicine di Alex nei luoghi più improbabili, manco fossero le briciole di Pollicino), l’abbondanza di cliché (ogni volta che i personaggi passano davanti a un televisore, un notiziario parla proprio di qualcosa in cui sono coinvolti; la poliziotta che ferma il collega che sta per compiere un’azione particolarmente critica giusto per dirgli “fai attenzione”, pensando magari di aver detto chissà cosa); ma il peggiore, di gran lunga, è la Bellucci.
Imbarazzante, impresentabile: ingaggiare la peggiore attrice del cinema italiano per farla recitare in un film hollywoodiano è un insulto a quei poveri cretini che studiano recitazione e fanno la gavetta con particine in microproduzioni. Si poteva avere almeno pietà del pubblico italiano e farla ridoppiare (lo si faceva con Claudia Cardinale, che per carità non è Katharine Hepburn ma ha sempre avuto una gran presenza e una voce molto distinta). Neeson dice d’averla apprezzata: la galanteria gli fa onore.