
Dobbiamo proprio riconoscerlo ma l’assoluzione del Filippo Penati è stata un autentico capolavoro dell’architettura giuridica realizzato attraverso una magistrale scansione dei tempi in modo da poter attuare una collaudata strategia del depistamento – insabbiamento ed incassettamento preventivo delle prove più schiaccianti.
Risultato di questa raffinata tecnica in perfetto stile “soccorso rosso” il suo proscioglimento dalle accuse di concussione e finanziamento illecito di se stesso e del Partito (PD) ottenuto grazie alla prescrizione per decorrenza dei termini processuali.
In parole povere il Penati e con lui il Bersani ed il PD se la sono sfangata non per non aver commesso gli illeciti contestati ma grazie al letargo dei giudici monzesi.
Il PM Franca Macchia che aveva chiesto 4 anni di reclusione per il Penati ha dichiarato che la ricerca della verità è stata in questo modo interrotta consentendo al Penati di opporsi ad ogni possibile accertamento sul collaudato sistema Sesto.
Morale: la giustizia si è fatta un pisolino, amen.
Ricordiamo che l’evidenza delle accuse era stata tale da costringere il Partito democratico a prendere le distanze dal Penati pretendendone le immediate dimissioni.
Sull’argomento non possiamo esimerci dal trovare quantomeno esilarante l’accanimento di certi magistrati milanesi che dopo aver sperperato centinaia di migliaia di euro pubblici per incastrare delle ragazzotte frequentatrici della casa di Arcore si sono affannati a posticipare i tempi processuali già scaduti pur di ottenere una condanna ad personam.
Prosegue nel frattempo senza esclusione di colpi la faida all’interno della “cosa sinistra”!
Il Renzi vorrebbe imporre a candidato Sindaco il Beppe Sala, il Pisa ringhiando con delicatezza sponsorizza invece la Balzani, suo attuale Assessore al bilancio, un tipino cresciuto alla scuola di Cofferati, statalista e tassatrice compulsiva.
Sgomita ancora, malgrado l’indifferenza dei vertici del PD quel tamarro del Majorino, Assessore al disfacimento dei servizi sociali, appassionatamente teso a tutelare solamente zingari – islamisti – gay e genderisti vari. Risulta comunque molto apprezzato nelle sezioni di partito ad alto tasso paleo-comunista.
Cominciano inoltre ad essere resi noti gli ultimi dati economici del Comune di Milano che registrano un buco finanziario attorno ai 500 milioni.
L’esposizione di quest’ultimo resoconto finanziario ha creato non poco sgomento anche negli ambienti della sinistra meno asservita al punto di bloccare nell’aula consigliare l’ultima iniziativa del Sindaco sulla riqualificazione degli scali ferrotranviari.
Il timore più diffuso è che pure quest’operazione possa trasformarsi nell’ennesimo bagno di sangue ai danni dei milanesi per altro imposta con la consueta arroganza dal languido Pisapia scavalcando tutte le procedure di controllo ed i passaggi nelle commissioni consiliari. Vatti a fidare dei Sindaci galantuomini!
Sull’argomento “buchi di bilancio” si stanno addensando nubi poco rassicuranti pure sulla testa del Beppe Sala visto che dalle prime indiscrezioni sui dati Expo compare un rosso da 300-400 milioni di euro.
I soliti malpensanti sussurrano che si sia ormai aperta una nuova sfida all’ultimo buco tra il Beppe ed il Giuliano a chi l’ha fatto più grosso, ne va del loro onore.
Infine solo un commento sulle disarmanti dichiarazioni del Ceccherini nazionale detto Renzi che per giustificare il salvataggio di 4 banche truffatrici ha proclamato in simil-italiano d’aver agito a tutela di migliaia di posti di lavoro e mica poteva salvare tutti. Peccato che quel “tutti” comprenda gli oltre 150 mila correntisti infinocchiati dall’acquisto di titoli infetti di cui 10.500 inesigibili ridotti a valore zero.
Tra le quattro banche tossiche, tutte a trazione piddina, c’è l’Etruria di cui era vicepresidente Pier Luigi Boschi, padre della Ministra Elena e dove il fratello Emanuele ricopriva la carica di responsabile delle analisi dei processi di costo dell’Istituto.
Ovviamente sono scattate le precisazioni a difesa delle bella Ministra a sostegno del fatto che possedeva solo 1.500 azioni della banca paterna del valore di 1.100 euro, dunque l’Elena era ed è estranea all’imbroglio. Probabilmente c’è del vero eppure sarebbe auspicabile sapere quanti titoli tossici siano attualmente in possesso della famiglia Boschi perché se emergesse che non ce ne sia nemmeno l’ombra beh allora si paleserebbe una sfiducia totale sulla gestione della stessa banca che dirigevano che sfornava invece carta straccia solo per i clienti. Di conseguenza la quotina pro-forma destinata alla figlia suonerebbe come una farsa famigliare.
Comunque, tranquilli, anche su questa brutta storia apparirà al momento giusto “l’etoile rouge” per un magicamente “tana” liberi tutti perché il Tiziano, il babbo del Renzi, c’è dentro fino al collo.