E’ sempre ricorrente il bisogno di rileggere e di ripensare Giuseppe Prezzolini . Il giornalista e scrittore, nato a Perugia nel gennaio 1882 e scomparso, poco oltre la soglia dei 100 anni, a Lugano nel 1982, è stato contraddizione aperta con la frase del Vangelo di S. Matteo Non est propheta sine onore, nisi in patria sua, et in domo sua, personificazione esplicita, invece, della proposizione di S. Luca Amen dico vobis, quaia nemo propheta acceptus est in patria sua.
Nonostante il forte legame intellettuale con Mussolni, al quale dedica nel 1925 un lavoro, nel 1930 si allontana dall’Italia e si trasferisce negli Stati Uniti. Rientra definitivamente nel 1962 ma abbandona sei anni dopo abbandona la patria, sorda ed ingrata, stabilendosi fino alla morte in terra elvetica. Nel maggio e nell’agosto 1977 rilascia a Claudio Quarantotto una “Intervista sulla Destra”, avvertita la necessità, forse addirittura l’urgenza di offrire uno strumento di riflessione sull’attualità, non astratto ma fondato su una articolata (e aggiornata) rivisitazione del pensiero della Destra.
Chi scrive lo ha apprezzato per il disinteresse mostrato, per la densità della passione, per la sua costante repulsione alle mode ed al conformismo presenti sotto le latitudini e sotto tutte le etichette politiche, compresa una certa destra pronta a cedere al conformismo e ai calcoli di certi “Cavalieri”.
Prezzolini non esista ad affrontare tanti problemi legati alla parola “Destra”, che, nonostante la faziosità e gli apriorismi di tante indagini, ha valenze multiple, politica, ideologica e culturale, sì proprio culturale, aspetto, oggi sempre più ignorato.
La Destra, di fronte alla dilagante e devastante globalizzazione, al progetto federalista, scintilla di una metamorfosi istituzionale oscura e spesso riprovata (v. Cassese), al persistente gravoso ritardo del Mezzogiorno, sempre carico di malcostume (v. il caso freschissimo di Foggia), all’immigrazione sempre sfacciata, alle nuove e tante povertà morali e materiali, ai disagi e agli sbandamenti dei giovani, demagogicamente coccolati, alla situazione scolastica oscura, ha bisogno – si passi il termine enfatico – drammatico di trovare, non di creare dal nulla o di architettare magari sul nulla o sui suggerimenti dei tanti parvenus, il proprio autentico ed inattaccabile porro unum.
Indicazioni di sintesi sul futuro della Destra Prezzolini le fornisce e a quella parte, autentica e legata alle proprie radici, spetta vagliarle e operare con esse. A proposito della storia, per Prezzolini essa “era rivoluzionaria, ma in un senso liberale. Voleva lasciare la libertà agli individui, dando loro uno Stato: uno Stato libero, nel quale si potesse esercitare la libera concorrenza. La Destra storica fu cavouriana, cioè antiprotezionista. E’ con la Sinistra che torna il protezionismo, e quindi il legame con i capitalisti. A proposito di Giolitti Prezzolini ammette di aver cambiato su di lui tre volte idea. Dapprima fu completamente negativo. “Poi l’ho corretto, vedendo anche i lati positivi cioè realistici del giolittismo. Ora, concordo con Emilio Gentile, quando scrive che Giolitti lasciò insoluti i maggiori problemi che travagliavano la società italiana, non risolse nemmeno i problemi che egli stesso aveva definito fondamentali per lo sviluppo del Paese: la conquista del consenso delle classi popolari, la conversione dei cattolici e dei socialisti allo Stato liberale”.

L’ Intervista sulla Destra è il risultato di due settimane di colloqui, registrati nel maggio e nell’agosto 1977. Eppure Prezzolini, sbagliando di poco (il brevissimo pontificato Luciani), ritiene che “il prossimo Papa, sarà probabilmente, uno straniero” (Giovanni Paolo II (1978 – 2005). Sul tradizionalismo Prezzolini offre occasioni di riflessione. Pur comprendendo quello di Lefèbvre, come in generale quello cattolico, specie in Italia, dove la tradizione più grande e più potente è quella cattolica, dubita “possa avere una forza e un futuro. La Chiesa è in crisi. Il cattolicesimo è in crisi. Le religioni sono in crisi. L’Italia sta diventando atea, o, semmai pagana”.
“Il conservatore di Destra – rammenta Prezzolini – quello che definisco il Vero Conservatore, vuol conservare le istituzioni permanenti, quelle che si trovano in ogni tempo e in ogni società. Uno dei fondamenti della Destra è questo: rispettare ciò che è naturale. Non confondere gli uomini con gli angeli o con i diavoli. E il senso della proprietà è naturale”.
Come non concordare con Prezzolini, nel momento in cui sostiene di preferire “il governo dei competenti, che è una delle aspirazioni dell’uomo di Destra”. A suo (e nostro) avviso “la Destra deve essere realista, può essere pessimista, ma non deve disperare. Perché l’uomo di Destra, se non sarà l’uomo di domani, sarà certamente l’uomo del dopodomani”