La Cina continua ad investire in Africa e non solo. È stato ufficializzato in queste settimane l’accordo di”sicurezza e difesa” tra il colosso asiatico e la piccola (ma strategica) repubblica di Gibuti. Si tratta di un accordo decennale per la realizzazione e il mantenimento sul territorio dell’antica colonia francese di una base di supporto alle operazioni di Pechino nel continente nero. A corredo dell’accordo, la Cina si è impegnata a finanziare la modernizzazione del collegamento ferroviario con l’Etiopia, a costruire un nuovo aeroporto e ampliare gli impianti portuali.
Il ministero della Difesa cinese ha spiegato l’investimento con la necessità di una migliore logistica per le unità navali coinvolte nelle operazioni antipirateria nel golfo di Aden e intorno alla Somalia, ricordando che dal 2008, a rotazione, Pechino ha impiegato nell’area più di sessanta navi militari per operazioni di scorta al naviglio mercantile. Per di più, lo scorso settembre, il governo cinese si è impegnato con l’ONU a costituire una forza permanente di peacekeeping di 8000 elementi e finanziare con 100 milioni di dollari una forza d’intervento rapida dell’Unione degli Stati africani.
Tanta generosità ha solidi motivi. Gibuti si trova al centro di un crocevia strategico — lo stretto di Bab-al Mandeb che collega il Mar Rosso (e Suez…) all’Oceano Indiano, il Corno d’Africa e la penisola arabica — e non è distante dal Sud Sudan, ricco di petrolio e sconvolto da una tremenda guerra civile. Proprio nella martoriata regione, rompendo una prassi consolidata, la Cina partecipa all’intervento delle Nazioni Unite (l’UNIMISS) con battaglione di fanteria meccanizzata.
La mossa di Pechino preoccupa non poco gli occidentali, statunitensi e francesi in particolare. Nel torrido paese africano, oltre ad un distaccamento della Legione Straniera, dal 2002 stazionano a Camp Lemmonier 4000 soldati americani, senza considerare le installazioni militari dell’Italia, Giappone e Germania. D’ora in poi, sarà necessario convivere con i soldati e marinai di Pechino. La Cina si avvicina sempre più.