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Americani/e a Roma…

di Maurizio Bianconi
25 Aprile 2023
in Il punto
1
Americani/e a Roma…
       

Quando Gianfranco Fini, presidente della destra post MSI, cercava invano credito internazionale e referenze presso la massima potenza mondiale, trovò soltanto porte chiuse. Fini era il frontman di Alleanza Nazionale, creatura politica non sua come dice la vulgata, ma propostagli dal generale Luigi Ramponi, uomo nelle grazie statunitensi. Nonostante questo viatico e le condizioni politiche americane non sfavorevoli (presidenti repubblicani) l’aura del ‘fascist man’ scacciava ogni possibilità di accredito. Ricordo come sembrasse una grande vittoria il fatto che Fini riuscisse al termine di un pranzo italo-americano a stringere la mano al presidente, giusto il tempo per puna photo opportunity. Poi tutto finí come finí.

Alla destra si è ripresentata un chance a stretto giro e Giorgia Meloni  nell’ottobre del 2022 diviene primo ministro. Il Washington Post, foglio liberal secondo soltanto al New York Times, di tendenze dichiaratamente libertarie, nelle grazie del partito democratico e del presidente Biden, è culturalmente e politicamente assiso nella sponda opposta di quella di Giorgia Meloni e della sua collocazione politica e culturale. Ciò nonostante, nell’aprile del 2023, in tempi non favorevoli alla destra in America, con il can can antifascista in Italia in prossimità del 25 aprile, l’Washington Post ha  incoronato (a sorpresa?)Giorgia Meloni, ‘modello per la destra europea’, ‘affidabile’, amica degli USA. È definita una garanzia per le alleanze con le forze atlantiche, certezza per la NATO, schieratissima in favore dell’Ucraina. La Germania in Europa è leader, disposta alla trattativa, non alla dipendenza con gli USA. I comportamenti gollisti di un Macron, speranzoso di recuperi popolari agitando autonomia e grandeur, non rafforzano la fiducia statunitense.

La situazione di guerra, la necessità di un referente americano nello scacchiere europeo, hanno accelerato lo svelamento della mutazione di Giorgia Meloni, da fascist woman in punta di diamante della postdemocrazia finanziaria, funzionariale versante Stati Uniti. Se è vero che gli amici si vedono nel momento del bisogno è anche vero che le urgenze del bisogno fanno cadere le usuali prudenze. Cosí quello che gli osservatori più acuti e i commentatori senza catena avevano già dichiarato  da tempo e che gli artefici del marchingegno si sarebbero tenuti un altro po’ in saccoccia, prende la forma della certezza.

Giorgia Meloni è non da oggi donna degli altri. Nel mentre narrava di volere un’Italia padrona di sè pur nei contesti internazionali, si faceva impegnare in vincoli transatlantici, finanziaristi, filoamericani fino all’estremo. Cosí perfino la sinistra liberal d’oltreoceano la battezza ‘affidabile’ per un presidente democratico, credibile per l’opinione pubblica e gli addetti ai lavori. Circa le fondazioni del ramo, think thank a stelle e strisce, le influenze erano già state radicate dal mentore e dall’interessata. Cosí come erano stati piazzati gli uomini chiave al governo, secondo un piano che oggi è facile immaginare preordinato. Giorgia Tuttamerica ha buggerato.

Tags: governo MeloniUSA
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Commenti 1

  1. Francesco says:
    5 mesi fa

    È così e meno male c’è qualcuno che lo scrive chiaramente. Grazie a Maurizio Bianconi e pochissimi altri. Tra l’altro, si registra un livello di sudditanza verso gli USA a mio avviso mai raggiunto prima d’ora.

    Rispondi

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