
In tutta questa questione delle quattro banche fallite, dei mancati controlli, dei molteplici conflitti d’interesse, degli inganni a danno dei risparmiatori e dei richiedenti mutui, una cosa appare evidente che accomuna tutti gli “attori” di questo ennesimo dramma economico: l’assoluta assenza di quel dovere morale, che etimologicamente è anche un “carico”, che si chiama (dovremmo piuttosto dire si chiamava …) “onore”.
Un tempo, falliti e banchieri si uccidevano per le colpe commesse a danno di ignari clienti e fiduciari: oggi, si suicidano le vittime, i truffati, gli ingannati. Ed i loro figli subivano direttamente od indirettamente le conseguenze delle colpe dei padri, sia con l’ignominia sia con i risarcimenti.
Pensiamo a quello che ha venduto le famigerate “obbligazioni subordinate” (da trasformare in azioni) al suicida Luigino D’Angelo di Civitavecchia: ha detto che era costretto a vendere quei titoli ingannevoli perché altrimenti sarebbe stato licenziato (il che è un alibi, perché bisognava vedere se avveniva veramente, e poi ci sarebbero state tante azioni sindacali e giuridiche a sua tutela!), che si sente il morto sulla coscienza, e via dicendo. Non dico allora che dovrebbe suicidarsi anche lui, ma almeno s’impegnasse a restituire il denaro alla vedova! No, un’intervista basta a pulirsi la coscienza, tanto questo è l’anno del giubileo della misericordia…
Riguardo ai preposti alla vigilanza, Banca d’Italia e Consob, ci sono anche qui, interviste e formali giustificazioni ma neanche un provvedimento che possa salvare almeno le apparenze. Ad esempio, un’inchiesta interna, una sostituzione di dirigenti, una deliberazione/diffida a tutti gli altri istituti di credito ad interrompere vendite di titoli propri simili a quelli di cui si sta discutendo, una proposta tecnica che obblighi comunque le neo-banche eredi di quelle fallite a restituire gli importi di quelle obbligazioni. D’altra parte, ricordiamo che in passato la cosiddetta “finanza-creativa” aveva ideato tante formule astruse: i “fantasisti” potrebbero farlo anche in questa occasione, ci sembra.
Ma, prima degli organi istituzionali di vigilanza, ci sono quelli interni, a cominciare dal collegio sindacale. Come mai i loro componenti, a conoscenza non solo della situazione e delle pratiche della banca di cui erano i revisori ma anche dei risultati delle ispezioni della Banca d’Italia, non hanno effettuato moniti al consiglio di amministrazione, rifiutandosi di firmare il bilancio e facendo esposti alla Procura della Repubblica?
E poi, c’è il governo. Non è questa la sede per discutere il decreto, ma almeno il ministro Boschi potrebbe pure fare la figura di presentare le sue dimissioni, se non altro per tutelare – come ripete – il nome di suo padre, di suo fratello ed il suo (eh sì, perché tutta la famiglia era di casa alla banca, come azionisti, impiegati, amministratori…). Poi, il governo ed il parlamento avrebbero deciso: ma almeno provarci a darle, le dimissioni!
Ed invece il governo che ha fatto? Leggiamo che sul decreto chiamato “salvabanche” (mai nome fu più appropriato! si salvano le banche, come i “populisti” da tempo dicono, ma non i risparmiatori che pure secondo l’art. 47 della Costituzione – che Renzi forse si è dimenticato di cambiare – deve essere tutelato il risparmio e non i suoi accaparratori) sono stati inseriti di soppiatto due commi che non prevedono la decadenza o la sospensione dei requisiti di onorabilità degli organi amministrativi e di controllo delle banche commissariate e che addirittura li proteggono da azioni di responsabilità da parte dei creditori e dei soci nei loro confronti. Un salvagente, quindi, che dovrebbe far modificare il decreto in “salvabanche e banchieri”!
Ora, è bene ricordare che questo concetto di “onorabilità” per rivestire cariche in enti finanziari è da tempo un requisito imposto da un decreto di Ciampi del 1988 a tutti coloro che hanno qualche rapporto con il denaro degli altri. Ad esempio, è stato introdotto anche per i consigli di amministrazione dei fondi pensione derivanti dai contratti di lavoro anche se i loro componenti non amministrano direttamente nulla ma affidano la gestione dei risparmi dei lavoratori per la pensione integrativa a banche ed operatori finanziari, e ciò ha provocato qualche critica.
Insomma, il concetto di “onore” lo hanno perso tutti: amministratori, sindaci, direttori di agenzie, organi di vigilanza, governo e singoli ministri. Ricordiamo che nei secoli scorsi, non solo nell’epoca fascista ma anche in quella umbertina, quando succedevano scandali bancari (ricordiamo quello della “Banca Romana”), finanziari e politici, i responsabili diretti ed indiretti si ritiravano da qualsiasi carica e qualcuno anche si suicidava per la vergogna. Ma oggi un altro sintomo della decadenza morale della nostra Nazione è proprio questo: il rifiuto di assumersi qualsiasi responsabilità, la mancanza dei sensi di colpa, il proseguimento normale della propria vita che non deve essere intaccata dai drammi provocati ad altre, di vite, magari stroncate dal dolore o dalla rabbia. Insomma, si è perso il senso dell’”onore” individuale: ma di che meravigliarsi, se questo è avvenuto da almeno settantadue anni per quello “nazionale”?