Ernesto Galli della Loggia non è sicuramente un marziano e non può nascondersi con l’uso dell’avverbio “curiosamente” in apertura del suo editoriale “Renzi rompe gli equilibri” dietro un’improbabile quanto inimmaginabile ingenuità. Per il collega sono ritornato – chiedendo scusa al grande toscano (1265 – 1321) ai versi dell’”Inferno” dantesco: “O voi ch’avete l’intelletti sani mirate la dottrina che s’asconde sotto ‘l velame de li versi strani”.
Risulta incredibile che non trovi spiegazione “il dissidio che nei giorni scorsi ha opposto il presidente del Consiglio da un lato e, pressoché contemporaneamente la Banca d’Italia e il ministero degli Esteri”. La prima sarebbe incolpata di omessa o ritardata informazione sulla crisi bancaria, provocata, come ben sanno anche i compagni di asilo del “premier”, innanzitutto e soprattutto dallo scandalo degli istituti di credito “rossi” per eccellenza, l’Etruria e il MPS. E su questo aspetto la stampa, salvo qualche voce isolata, è stata del tutto reticente o minimizzatrice.
La Farnesina, costretta a digerire la sostituzione del nostro rappresentante presso l’UE, ritenuto troppo “morbido” (e con la Mogherini?) e rimpiazzato da un ambasciatore “politico”, un’etichetta infondata perché è soprattutto e innanzitutto un uomo della Confindustria, “duro e puro”, cioè prono.
L’editorialista si sofferma sulla tradizione e sulla cultura della Banca centrale, circoscrivendo erroneamente l’analisi al periodo della I Repubblica, mentre assai è più profonda, radicata e articolata, in una parola più ricca, la storia dell’istituto, nato nel 1865, impostato con misure centrate nel periodo liberale e definito sotto il fascismo.
Non è dunque per nulla felice limitare, direi soffocare, Esteri e Banca di via Nazionale , capaci di rappresentare e gestire l’Italia non solo “per mezzo secolo”.
E’ però fuori discussione che il nostro, dagli anni Novanta in poi, nonostante le leggi elettorali, sfornate a garanzia della stabilità, sia “un Paese dagli equilibri politici mutevoli, governato da una classe politica slegata da ogni passato che per lo più ignora; attraversato da pulsioni di rabbia, da movimenti d’opinione, da oscure voglie di rovesciamenti di fronte”. Ma anche in questo passaggio il professore confida che il governo al potere, di cui Renzi è solo l’”uomo immagine”, intenti ed obiettivi, in realtà confusi, di minimo cabotaggio, legati ad interessi o a calcoli bottegai.
Centrata è invece la sottolineatura del vuoto esistente, provocato dalla mancanza “di vere culture politiche di riferimento” (le annientate o annullate destra e sinistra) e di “veri partiti”.
Da “intelletti sani” non possiamo non convenire su questo quadro, dominato ieri da Berlusconi ed oggi da Renzi (il lombardo in I persona), più che leaders, autocrati esibizionisti e narcisi.
Fredda e, ci si consenta, acritica è la conclusione sul dissidio, “che alla fine sembra l’indizio si un vero e proprio cambio di fase storica nella geografia del potere italiano e dei suoi rapporti interni”.
Che dire, poi, del servile atteggiamento assunto in occasione della visita del presidente (solo presidente?) iraniano, Hassan Rouhani, atteggiamento che ha avuto il suo culmine ridicolo con la copertura dei nudi artistici dei Musei capitolini ? Figuriamoci le ironie ed i sarcasmi dei giornaloni e dei giornalini se la visita del campione di democrazia, capo di un paese modello nel campo dei diritti civili, fosse avvenuto con Berlusconi a Palazzo Chigi. Ma tutto è condizionato e guidato dagli interessi economici delle grandi industrie, cui si è aperto un ricchissimo mercato dell’ammontare, secondo voci, di 7 miliardi. “Pecunia non olet”.