Negli ultimi tempi ho scritto parecchio su difetti ed insuccessi del centrodestra e – ciò che più mi sta a cuore – della destra, tanto che alcuni amici più soliti a mettere la testa sotto la sabbia mi accusano di “lesa maestà”.
Detto che sul tema comunque tornerò, in maniera se possibile più impietosa e con qualche proposta alternativa nelle prossime settimane, oggi mi voglio dedicare all’altra metà del cielo.
Ho fatto in tempo ad attraversare, da studente, la fine degli anni ’70; ero in prima liceo scientifico quando le “sedicenti ” (allora usava così) Brigate Rosse rapirono Aldo Moro massacrandone la scorta. Essendo l’unica “mosca nera” in un istituto che più rosso non si poteva, ho potuto gustare e conoscere a fondo gli stereotipati “compagni duri e puri“, quelli che – come me – ora hanno superato la boa del mezzo secolo.
Li ricordo bene, con l’eschimo e le finte Clark’s leggermente sfondate sul davanti, la Kefiah al collo che ricadeva su pantaloni di fustagno lisi, ed imploranti un giro in lavatrice.
Ricordo le ragazze coi gonnelloni ampi e floreali, coperti fin sotto il culo da enormi maglioni di lana spessa che ne nascondevano le forme, per mortificare la sensualità che era una roba “di destra” ;anche se poi, le suddette si peritavano a ” darla con generosità”, più per rivendicare la politica affermazione di libertà sessuale che per mera passione verso chi Ghedini avrebbe definito l’utlizzatore finale.
Ricordo i “capi del movimento”, che dopo aver impedito lo svolgimento delle lezioni con quasi quotidiani “picchetti” davanti al cancello della scuola, salivano su un tavolo in palestra per arringare l’assemblea autoconvocata, ed istruirne la partecipazione al mitico ed immancabile “corteo antifascista“.
Da una tasca del giaccone informe spuntava l’Unità, dall’altra faceva capolino Repubblica (allora agli albori della sua storia sinistra); lo sguardo allucinato (sarà stato per quell’invasivo puzzo di canna che purificava gli altari di quelle funzioni liturgiche?); i capelli che coprivano la fronte, e che reclamavano uno shampoo dai tempi in cui la mamma aveva smesso di fargli il bagnetto col Baby Johnsohn. Ottenuto il silenzio e l’attenzione dei “compagni“, con maschia virilità (a quei tempi, pure per loro, i gay erano solo dei “busoni“) i leader in erba (rollata e non) aprivano la concione con l’immancabile formula di apertura: “cioè cazzo al limite compagni porco…“:
Mi trovo a pensarli oggi, quasi con affetto, chiedendomi come abbiano vissuto le trasformazioni del sistema, come vivano oggi il loro “essere di sinistra“.
Oggi, che il principale partito della sinistra (emanazione del glorioso PCI togliattian-berlingueriano) si è dimostrato meno attento alle fabbriche e più avvezzo ad occupare i consigli di amministrazione di banche e società finanziarie, avendo finalmente capito che l’attrazione verso il Capitale non era proprio di natura bibliofila;
Oggi, che il capo del Cremlino è l’uomo di governo più nazionalista (e quindi odiosamente di destra) che ci sia;
Oggi, che il capo del cinico imperialismo americano è finalmente un uomo “diversamente pigmentato“, ma anziché realizzarsi il sogno di Luther King le città sono messe a ferro e fuoco da manifestanti neri che combattono la repressione razziale della polizia;
Oggi, che orfani del rassicurante Muro di Berlino, manco più del mitico Fidèl ti puoi fidare per conservare un orticello d’antan;
Oggi, che il vecchio compagno che vi insegnò ad amare i carri armati sovietici che invadevano l’Ungheria ha battuto ogni record di occupazione del Quirinale, ma è diventato il principale garante di burocrati, finanzieri e massoni internazionali;
Oggi, che un simpatico e brillante paraculo vi ha scippato il partito (grazie a stupide regole che voi stessi vi eravate dati per sembrare tanto democratici e popolari), si prende il governo, vi porta al 41%, ma manda a farsi fottere i sindacati, sulla cui sacralità ci avete sfrantecato gli zebedei per decenni;
Oggi, che finalmente il ministro del lavoro è il capo delle Coop rosse, ma nel frattempo avete scoperto che la coop non sei tu, ma una simpatica banda di truffatori ed intrallazzatori;
Oggi, che le figlie di quelle che “l’utero è mio e lo gestisco io” diventano ministre solo se sono – o appaiono – delle belle fighe (si lo so, è una definizione greve, ma io sono un pericoloso reazionario, e non riesco a definirle “certamente brave, e casualmente di aspetto non sgradevole”);
Oggi, che l’unico che dice delle cose che suonano autenticamente comuniste è un gesuita argentino, che di mestiere fa il capo della Chiesa cattolica.
Oggi, cari Cipputi dei bei tempi che furono, mi viene un dubbio: niente niente che negli ultimi 50 anni vi han preso tutti per il culo?