Secondo l’Unione Europea e la finanza mondiale un’economia si misura con questi parametri: 1. rapporto debito pubblico/ prodotto interno lordo; 2. entita’ del debito pubblico; 3. tasso di crescita del pil. Si aggiunge l’obbligo di far corrispondere a ogni uscita un’entrata di pari entità. Secondo il primo requisito le economie più sane del mondo sarebbero: Bangladesh e Pakistan (28%), Ruanda (48%). Nell’area mediterranea spiccano Tunisia (67%) Albania (77%). La peggiore risulterebbe il Giappone (235%). Per il secondo parametro le economie più malmesse sarebbero nell’ordine USA, UK, Francia, Germania, Paesi Bassi, Lussemburgo, Giappone. Circa la crescita prima sarebbe l’India.
L’ultimo requisito sembrerebbe ragionevole: ‘tanto spendi tanto entra’. Anche se quando si tratta di materia pubblica, si potrebbero giustificare eccezioni alla regola ragionieristica del pareggio fra spesa e entrata. L’inganno è che mentre la spesa è reale, la copertura è nominale. Esempio, c’è da coprire 100 euro di spesa e si decide di ricorrere all’aumento dell’Iva. L’aumento è conteggiato sulla base dei consumi dell’anno precedente. ‘Tanto esce tanto entra’. Questo in teoria. In pratica è un’altra cosa.
Si confrontano spese reali e definite con entrate teoriche e immaginarie. La previsione a copertura dell’incasso di +100 d’Iva, non tiene conto della sicura contrazione dei consumi che l’aumento provocherà, nè degli effetti inflattivi, nè dell’incidenza sui redditi, nè dell’andamento del ciclo economico. Cosí alla fine della fiera accade quello che tutti sanno sin dall’inizio. L’aumento Iva a copertura della spesa di 100 ha comportato una diminuzione del gettito e un impatto negativo sul sistema che non soltanto vanifica l’effetto dell’aumento, ma apre o aggrava altre problematiche.
Il perché le cose funzionino in questo modo assurdo, è semplice. Non interessa se il sistema di valutazione della crescita e dello stato dell’economia è fasullo e slegato dalla realtà. Non contano i dati di economia reale, nè il lavoro, l’impresa, i servizi. Men che meno i diritti e le persone. Tutto ruota nel campo dell’economia finanziaria e speculativa, a beneficio dei profitti degli investitori.
Perchè il mercato finanziario sia efficiente è necessario determinare regole e parametri comuni, un campo di gioco condiviso, uno scenario affidabile. La certezza delle regole lo fa crescere e favorisce l’immissione di masse di titoli e di denaro sempre maggiore. Questo tipo di filosofia è il presupposto e la base della Finanziaria e per adesso delle azioni del governo. Esattamente come prima.
La premier che avrebbe dovuto ‘rivoltare l’Italia come un calzino’ ha dichiarato espressamente che sposava in pieno la tesi delle coperture di spesa e l’applicazione dei parametri cari all’economia speculativa. Di fatto ne è uscito un provvedimento con qualche bandierina e la riduzione degli sgravi della benzina. È stato detto, lo si ridice: cosí si va a sbattere.
O meglio si va in continuità per la strada tracciata da Mario Draghi e i suoi, che hanno in Giancarlo Giorgetti un vigile custode. L’aspetto che impressiona di più è la dichiarazione del premier che la Finanziaria ha rappresentato ‘il cambio di passo’, il ‘segno politico ‘dei nuovi arrivati. Una narrazione fotocopia di quelle dei predecessori, falsa e rassicurante come quelle. O se si è di fronte a un grande errore politico. O il premier, come qualcuno ha sospettato, è ormai un’appendice di un mondo di sopra che nella realtà è l’opposto delle dichiarate visioni del partito del presidente del consiglio.
Il discorso di insediamento enfatico e convincente è passato. L’affermazione di un Italia protagonista in Europa come compete per storia, dimensioni peso economico e non gregaria e bullizzata, sono già un ricordo. Con la viva speranza che non si debba ancora dar ragione allo scomparso Altero Matteoli, politico pratico e di poche parole, che sovente diceva dispiaciuto: “Vale sempre e soltanto il lèvati te che mi ci metto io. Il resto sono cazzate”.
Al netto che oramai gli spazi di manovra del governo (qualsiasi esso sia) sono marginali effetto delle cessioni di sovranità come la politica monetaria i vincoli di bilancio e la svendita di aziende pubbliche strategiche (non abbiamo una compagnia di bandiera) di concessioni ai privati che hanno consegnato infrastrutture allo sfascio (autostrade) ecc ecc. un segno positivo si può cogliere verso la categoria dei lavoratori autonomi. La stampa accusa dichiarando che si vuole separare l’Italia tra categorie ma faccio notare che i dipendenti e nello specifico quelli dello Stato è più nello specifico enti parastatali, regionali, comunali da anni godono di trattamenti negati agli autonomi quali : malattie, ferie, stipendi mediamente superiori, orari di lavoro è straordinari vantaggiosi, tredicesime ,quattordicesime, premi sempre conseguiti per raggiungimento obbiettivi (tutta da ridere) sicurezza del posto di lavoro, per rimanere nella legalità ma credo tutti ricordino il vigile che timbrava il cartellino in mutande o gente che si presentava al lavoro solo per timbrare il cartellino tutte persone che nella maggioranza hanno goduto di assunzioni clientelari grazie alla politica molto spesso di sinistra è che molto spesso si tramandano il lavoro da padri in figli, ora alla luce di tutto ciò sono molto contento che il governo abbia aiutato gli autonomi e sarei ancora più contento se togliesse tutti qui “benefit” al pubblico impiego che caso strano è molto orientato a sinistra chissà perche’ ? …….